15 luglio 2007

Il CyberWorld di Alessandro Vietti: profetiche ibridazioni videoludiche e oltre.

(di Luigi Marrone)

La lettura di Cyberworld di Alessandro Vietti (1996 – Casa Editrice Nord), romanzo vincitore
del Concorso Letterario Cosmo 1996, é particolarmente affascinante. Fascinazione dovuta alle intuizioni dell’autore per le contaminazioni fra realtà virtuale e realtà analogica/reale dei nostri giorni, Cyberworld, presentato al concorso nel 1995, lascia trasparire oggi analogie con l’attuale ambito videoludico caratterizzate da un sapore a tratti profetico.
Lo sguardo al futuro é cyberpunkianamente pessimista: la Terra nel 2079 sarà sporca, velenosa e radioattiva: sprovvisti di mascherine a filtri di carbone, respirare aria è pratica altamente pericolosa. I motivi per i quali buona parte dell'umanità si rifugia nel Cyberworld sono dunque psico-socialmente differenti da quelli per cui oggi l'uomo si rifuga in ambienti virtuali interattivi.
Chi non può permettersi di vivere evadendo nel CyberWorld è condannato ad inquinarsi quindi nell’atmosfera acida e radioattiva della Terra, sottostando alle interazioni sociali della noiosa realtà materiale.
Se é vero che i Realisti credono che la Natura un giorno possa risorgere riconquistando la propria preminenza sul reale, il gruppo tecno-religioso dei Virtualisti capeggiati dal guru Angel@01 professa invece che la vera realtà è nient’altro che il CyberWorld, il fatidico Cyberspazio che dal gennaio 2048 é finalmente divenuto operativo.
CyberWorld è quindi il nome della Rete Virtuale alla quale è possibile connettersi con un data suit, una feedback-tuta provvista di servo motori e stimolatori epiteliali in grado di riprodurre quasi tutti gli stimoli/impressioni sensoriali ricevuti quando si è immersi nella reta stessa (salvo, per motivi di sicurezza, quelle esperienze fisicamente dolorose come ad esempio un pugno allo stomaco ricevuto nel Cyberworld).
Ciò vale a dire che disponendo di una buona e costosissima data-suit, tanto più complessa e articolata sarà la sorgente degli oggetti e degli avatar nel CyberWorld con in quali si interagisce tanto più i feedback sensoriali riportati dalla tuta saranno fedeli alla realtà. Il gradiente di piacere/impressione psicofisica nel CyberWorld è dunque proporzionalmente correlato alle condizioni economiche/sociali degli “abbonati” allo stesso: coloro che più possono permettersi più facilmente frequenteranno poli abbienti dotati di apparati di feedback sensoriali migliori.
Di nuovo l'analogia con i VG é marcata. Non tutti oggi possono permettersi di acquistare tutti i sistemi e il software di intrattenimento presente sul mercato o gli up-grade tecnologici di ultima generazione per i propri computer. Questo comporta una limitazione nella ricezione dei possibili feedback culturali attivati dai videogames quali esperienze virtuali nonché una limitazione nel fruire del massimo grado di performance grafiche/tecnologiche si propri PC con relativa diminuzione sensoriale del senso di immersione nello spazio virtuale stesso.
Tornando a CyberWorld il top dei visori è invece rappresentato da quelli denominati RSLD, Retinal Scanner Laser Display, occhiali speciali che imprimono le immagini direttamente sulle retine (N.d.A.).
Gli Avatar con i quali si opera nel CyberWorld vengono invece chiamati dall’autore Sembianti, dalle descrizioni esteticamente e liberamente customizzabili come avviene nello spazio online persistente di Second Life, ad esempio.
L’altra analogia concerne invece lo Home Space. Come per il servizio Home di Sony per Playstation3, ogni utente del CyberWorld dispone di un personale HS, definito dall’autore lo “spazio informativo che ormai tutti gli abbonati di CyberWorld si affittano per avere una fettina di memoria per farsi gli affari propri”.
Nel proprio HS è possibile invitare quindi i propri amici, scambiare oggetti, conservare archivi delle proprie esperienze nella rete nonché catalogare mindware e sexware.
Il CyberWorld permette inoltre la telepresenza, ossia l’agenza sul reale mediante interattività virtuale: si lavora dentro data-suit per muovere a distanza i servobot da costruzione aerospaziale, ad esempio.
La valuta del CyberWorld è chiamata semplicemente e-cash.

Fra le altre analogie vi é da rilevare che nel CyberWorld è possibile vivere in prima persona l’esperienza virtuale interattiva, l’I.V.E come personalmente mi piace definirla riguardo ai videogiochi: una InteractiveVideoEsp. Esp come esperienza appunto, ma con il suggestivo richiamo alle Percezioni Extra Sensoriali, alla tecnologia quale possibile medium fra 2 mondi, mondo reale e mondo virtuale, mondo dei vivi e mondo trascendente (Aldilà, vedi Pulse di Kiyoshi Kurosawa, Giappone, 2001).
Anche nel CyberWorld si videogioca (uno dei giochi è chiamato WaterWorld6.3) ma l’interattività raggiunge ovviamente livelli molto estesi. Basti pensare che i Sembianti possono assumere punti di vista ottici e sensoriali di tutti i software presenti in un dato spazio di memoria: un orologio, un veliero, un soprammobile… vale a dire qualsiasi programma digitale presente negli spazi del CyberWorld che permetta tale interazione.
Tali possibilità danno adito a ricostruzioni e rappresentazioni, da parte dei programmatori, di eventi storici con possibilità interattive. E’ possibile quindi “intervenire” durante la battaglia di Little Big Horn per salvare Custer da Toro Bianco, oppure affondare le 3 caravelle prima dello sbarco sull’isola di San Salvador. Se ben programmate, quando non direttamente controllate, le IA dei "Personaggi non giocanti" difatti suppliscono plausibilmente agli interventi degli utenti di CyberWorld, sconfessando il loro codificato determinismo storico in virtù di reazioni plausibili in grado di regalare all'utente la sensazione d’aver modificato il corso degli eventi.
Nel romanzo le implicazioni di tale interattività risultano abbastanza presenti, ma in realtà poco approfondite (vedi applicazioni didattiche). Resta al lettore il sapore dell’idea di poter sperimentare la propria libera agenza in un ambito storico digitale altamente realistico.

Con il suo romanzo Vietti tocca anche alcuni aspetti concernenti la regolamentazione del vivere digitale. Nell’economia del suo lavoro è rilevante il fatto che il Cyberworld sia dominato da un CyberCode, un codice normativo di agenza stilato principalmente da Katherine Gibson, nipote dello scrittore William Gibson nonché primo Coordinatore del CyberWorld.
Il rispetto di tale codice è rimesso agli Agenti ASCI (Agenzia di Sorveglianza Ciberspaziale Informatica), i quali spesso vigilano in incongnito quale polizia informatica della rete.
Tralasciando vari aspetti della trama e il formalismo a tratti a-poetico e sbrigativo di alcune scelte di Vietti intento a progredire nel suo romanzo, ciò che è interessante notare riguarda alcuni ulteriori aspetti messi il luce dall’autore.
Uno di questi si presenta nel momento in cui l’Agente ASCI chiamata Venus@124 indaga sulla morte reale dell’amico King@486, gettatosi dalla finestra del suo appartamento a Milano con ancora indosso il suo data-suit. La ragazza/agente sospetta infatti che se i dati inviati ad un utente riproducono perfettamente la realtà, l’immersione in un cyberspazio può divenire molto di più che un’allucinazione consensuale, conducendo all’inconsapevolezza del proprio agire nel “reale”.
Nella fattispecie King@486, connesso con la propria tuta e visore al CyberWorld, si trovava in piedi sulla propria step-board, una tavola con pedana mobile in grado di simulare il movimento spaziale nel cyberworld (Wii Fit anyone?). A detta dell’agente Venus@124, l’uomo potrebbe quindi aver ricevuto alcuni dati hackerati da qualcuno nel Cyberworld: convinto di stare ancora camminando sulla propria step board mentre questa era stata in/nella realtà volontariamente arrestata, il presunto hacker a conoscenza della configurazione planimetrica dell’appartamento aveva indotto King@486 a camminare incosapevolmente nella propria stanza, mentre questi era in realtà immerso in qualche area di memoria del CyberWorld.
Come un sonnambulo che crede di percorrere un lungo corridoio, il falso feedback lo aveva ingannato sino a farlo inconsapevolmente precipitare dalla propria finestra reale.
Le sue azioni virtuali avevano decretato dunque la fine della propria vita nella realtà.
In definitiva, l’impossibilità di distinguere il reale dal virtuale è risultata per l'uomo fatale.
Tralasciando un'analisi delle conseguenze psico-sociali dietro tali possibilità, mi é piaciuto ricordare come l’interfacciamento con il data-suit rappresenta nient’altro che i nostri joypad, la tastiera e il mouse, il wii-mote della nostra realtà, vale a dire interfacce fra due mondi che tendono ad innestarsi in una interazione psicofisica: quanto più l’interfaccia oblìa il corpo dell’utente, tanto più ne sarà conseguente l’oblio della realtà.
Ovviamente le possibilità di rintracciare similitudini non finiscono qui, ma per questo consiglio la lettura integrale del romanzo di questo promettente autore italiano.

Scrive Vietti a proposito dell'immersione nel CyberWorld:
Non dimenticate che, diversamente da come succede nel mondo reale, qui, quando siete stufi, stanchi, avete mal di testa o le vostre cose, potete sempre andarvene, troncare, tagliare i ponti con tutto e tutti, per tutto il tempo che volete. E questo è possibile quasi sempre, anche se spesso si rimane invischiati in un meccanismo psichico che tende a farvi rimanere collegati fino a quando un bisogno fisico diventa insostenibile. Come in un videogame. Si vuole sempre fare un’altra partita”.

Sarà questa in futuro la bellissima pericolosa ammaliante forza di quello che oggi chiamano “videogiochi”?