1 aprile 2008

La "disumanità" di Ubisoft dentro Assassin's Creed

Un'analisi al cuore dell'Assassino (scomodando Metal Gear)
(di Luigi Marrone)


Sin dall’inizio non era facile andarvi cauti con l'entusiasmo, cosi come difficile risultava non essere troppo severi col proprio scetticismo. Assassin’s Creed, sin dalle prime presentazioni, lasciava infatti presagire molto, o molto poco di vario: free-roaming pedestre o equino in Terra Santa, la raccolta di indizi e le sub-missioncine cadenzate da contesutali scontri all’arma bianca, oltre ovviamente agli interrogatori, le mimetizzazioni fra monaci e gli assassini furtivi.
Ma ciò che non dispensa affatto l’opera da una considerazione posticcia è l’inguaribile indolenza che é stata in grado di sollevare in seno alla comunità dei gamers, poiché é sempre il buon giocatore che alla fine conta, e nell’evidenza della noia che caratterizza buona parte del gioco significa che qualcosa nei meccanismi del concept è andato storto.

Difatti Assassin’s Creed tratta di un’esperienza caratterizzata da spazi pullulanti, vivi e ricchi di dettagli maniacali implementati in una Intelligenza Artificiale dei NPC a tal punto rigida da suscitare impressioni più che contrastanti: il risultato è stato quello di veder spalmato su video un costrutto digitale dalla parvenza di bellezza perfetta in grado poi di esplodere in una parossistica incoerenza, quasi una debolezza congenita.


Primo: Una regola di game design
In un videogioco l'Intelligenza Artificiale ha il dovere di coinvolgere e rapire tanto quanto l'estetica (se non oltre). Se nella TV fatta di veline non sempre ciò corrisponde, nel digitale ludo-interattivo ciò VA FATTO poiché la bellezza digitale senza intelligenza produce noia a lungo contemplarla. Trattandosi infatti di costrutto digitale, fittizio, l’esuberanza e l’estetica degli spazi di Assassin’s avevano bisogno di tutt’altro trattamento ludo-intellettuale.
Se è difatti possibile affermare che Space Invaders e il suo gameplay possono tranquillamente rimanere nel tempo bidimensonalizzati su schermo senza che gli alieni siano bagnati da sorgenti di luce dinamica, Assassin's Creed è l’esempio esattamente opposto: avrebbe necessitato di una IA implementata in più ricche e varie possibilità di gioco proprio a causa della sua splendida, calda luce profusa nei suoi ambienti mondani.
E’ con l’impressione di un delitto artistico quindi che si pensa all’esperienza Ubisoft, poiché, accertato che la varietà e le possibilità di gameplay dovrebbero viaggiare di pari passo con le possibilità tecnologiche, Assassin’s aveva il DOVERE di osare di più.
Non è azzardato quindi affermare (da un punto di vista della profondità strategica e del coinvolgimento ludico, lasciando la sua storia a parte) quanto siano di gran lunga preferibili i pattern, le reazioni, le possibilità e la curiosità suscitate nel giocatore dagli algoritmi dietro le guardie di uno Snake Eater ad esempio (Metal Gear quale giocattolo aperto, sand-box in spazi più ristretti rispetto ad Assassin’s) piuttosto che la fauna che popola gli spazi in Terra Santa.



Secondo: I doveri di una Big-Production
E’ innegabile quanto Assassin’s sia stato ideato, sviluppato e testato prevalentemente su e per XBox360: dalla stabilità del codice alla resa finale su schermo, la versione Xbox360 presenta infatti cromatismi più vividi e caldi rispetto alla controparte Sony, elemento affatto trascurabile poiché, da un punto di vista squisitamente artistico, l’appeal estetico risulta per Assassin’s fondante quanto se non più del resto. Andando oltre il discorso delle patch correttive rilasciate da Ubisoft, è invece doveroso affermare che se all'uscita un videogioco d'alto profilo risulta difettoso in modo congenito rispetto al medesimo per un'altra piattaforma (data anche la promozione ultrablasonata), ciò non fa altro che denotare una sibillina mancanza di attenzione verso chi acquista al Day-One (volendo vivere l’esperienza artistica subito, integralmente e pagando inoltre il medesimo prezzo della controparte).
Il difetto di produzione su PS3 (per fortuna non irreversibile trattandosi di dati digitali) aggiunge comunque al resto un altro fattore negativo, dal peso non trascurabile, data l’integrità originaria di cui un prodotto dovrebbe essere fornito (seppur, riguardo il videogioco, sotto gli antipatici termini di “servizio” di intrattenimento digitale) quando il medesimo si offre al mercato.
Altra considerazione merita poi la "feature” bandierine da collezionare, spinta motivazionale affatto trascurabile per i possessori Microsoft alla ricerca di GamerPoints ma abbastanza accessoria per non dire inutile su Sony (senza achievement Assassin's é ancora più indolente su Play3, e avendo Assassin’s un debito profondo nel motivare il giocatore è tutto dire).
Ciò comporta un’ulteriore analisi a proposito delle produzioni multipiattaforma. Nel momento in cui una Software House adatta il proprio prodotto secondo le caratteristiche precipue dei vari sistemi, ciò dovrebbe implicare non solo una diversificazione della configurazione dell’interfaccia di controllo secondo la piattaforma (i tasti del Pad del 360 su PS3 o il Wii-mote ad esempio) ma soprattutto una nuova ideazione o ripensamento di alcuni elementi di gameplay secondo le caratteristiche endogene alle piattaforme stesse.
Le bandierine da collezionare in Assassin’s Creed su Xbox360 sono difatti un esempio di possibilità di gameplay (ricognizione fra tetti e suolo che, è doveroso specificare, non sbloccano nuovi costumi/musiche/ArtWork ma ripagano sbloccando punti per il proprio GamerScore) per le quali Ubisoft ha strutturalmente “ideato” il gioco stesso su X360, senza pensare al relativo disinteresse della controparte Sony.
Si tratta di un orientamento produttivo che, nel caso di titoli multipiattaforma andrebbe abbastanza ripensato.

Terzo: La questione narrativa - Pensando Ubisoft

Di questa sempre più importante software house l’impressione che spesso se ne ricava è la consolidata tenacia nel voler implementare narrazioni mature e consapevoli senza mai voler modificare di una virgola il granitismo di un game-design istituzionale, rigido quanto immutabile. Pensando ai giochi Ubisoft non è difficile pensare a sceneggiature di buoni narratori incastrate in spazi prestabiliti tra il gameplay e i vari snodi narrativi presenti nel gioco. Il risultato è un comparto visuale che ha uno standard qualitativo molto alto (sia ambienti che personaggi) ma quasi sempre non supportato da una autorialità forte, da una caratterizzazione empatica potente che sembri dotata di una sua vita, di una sua Intelligenza (artificiale appunto) che lasci un segno emotivo nel tempo e nel cuore del giocatore.
Potrebbe essere questo uno dei principali motivi per i quali Assassin’s Creed diverrebbe facilmente uno di quei blockbuster subito ri-piazzati sul mercato o riportati indietro per la valutazione e la promozione sul nuovo: nonostante le sue atmosfere, i suoi ambienti e lo splendido personaggio d’Altair, a fine avventura resta poco fra le mani che abbia la forza di mantenere il gamer stretto a sé, avendo creato appunto con lui uno scarso legame “affettivo”.

E’ per questo che viene da chiedersi come si possa continuare ancora a ripetere (o come si é mai potuto affermare in principio) che Splinter Cell sia la risposta Occidentale a Metal Gear Solid: la narrazione e il peso che essa assume fra le rispettive opere è idealmente, emotivamente, artisticamente e costituzionalmente imparagonabile.
Una grande produzione può avvalersi quanto vuole di scrittori o sceneggiatori di fama, ma nei videogiochi, per quelle storie che sulla carta risultano vincenti, deve essere soprattutto l’integrazione fra gameplay e personaggi che lo sorreggono (giocabili e non) ad essere solida, plausibile, emotiva e portatrice di quel sentimento umano digitalmente derivato. Se le produzioni Ubisoft spesso risultano prive di questa capacità di creare un’affezione nel giocatore, il problema potrebbe annidarsi proprio qui.



Epilogo
Spersi nella folla di Damasco, Acri o Gerusalemme non è affatto difficile sentirsi soli, uniche vive entità nel mezzo di simulacri vuoti e indefiniti. A ben pensarci è peggio di quanto possa mai accadere nella Real Life, poiché nel Videogioco, nel mondo fittizio che dovrebbe offrire varietà di possibilità e di senso, l’indolenza del Vuoto è cosa ancor più intollerabile. Pur non volendo negare l’operatività di trama e atmosfera nell’economia dell’opera, la veridicità alla quale tendono esalta ancor di più la mente automatica e robotica dietro Assassin’s Creed, sfiancando immedesimazione e coinvolgimento e creando un senso non di rado parossistico. Scomodando ancora l’opera Konami, allo stato attuale, pur nella sua totale, ossessiva e orientale spiccata malizia fatta di riviste di pin-up ammiccanti, scatoloni in cui nascondersi e altre gag del quale é infarcito (in risposta ad ogni Rambo/cliché battagliero occidentale), sgozzare un soldato di un Metal Gear risulta comunque più consistente di un qualsiasi assalto con lama verso una guardia inerme dell’Assassin’s.
L’assenza di una più intima, umana sensibilità fra i suoi elementi, di un equilibrio artistico più compensato fra le sue parti ha contribuito a creare in Assassin’s quel Vuoto timorosamente preconizzato. Non è difficile immaginarsi come le molte professionalità al lavoro (lungamente elencate nei prosaici titoli di coda dell’Ending del gioco) abbiano svolto per bene i loro compiti produttivi: dai Senior Producer agli Engineering Director, gli Audio Lead, gli Assistenti produttori, i Coordinatori, i Technical Supporters, i Marketing Director… Assassin’s Creed ha venduto parecchio raggiungendo quasi subito il target quantitativo di vendite prefissato.
A giochi fatti però è un cuore caldo che dentro Assassin's manca, un cuore pulsante che fatica di molto a venire alla luce. Quella santa luce dove il particolare che emerge in un rosone intagliato nella pietra splende assieme al generale di una vista panoramica su di un promontorio di Gerusalemme: una luce santa inghiottita da ombre troppo profonde per non lasciar inespresso quello strano, profondo vuoto interiore da colmare.

Per questo, tu che molto puoi, solo una cosa oggi ti viene chiesta: ci metterai più cuore la prossima volta, Ubisoft-Altair?