26 agosto 2009

Demo Play. Una vita con l'autopilota.

di Luigi Marrone.

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Il guanto di sfida è stato gettato. Nintendo è pronta a scontrarsi a viso aperto, in singolar tenzone. Solo che non ci sara alcun duello, perché la sfida è morta sul nascere. Sfida videoludica, (N)intendo. In fondo i monopoli non hanno torto quando affermano la famosa frase “Se non giochi non vinci”. La Nintendo dallo sguardo lungimirante ha fatto sua la provocazione, chiedendosi se non esista un modo per vincere sempre, ma senza giocare.Per impossibile che sia, non è un mistero quanto sia congenito in ogni videogiocatore il desiderio di superare qualsiasi sfida, a dispetto di ogni ostica situazione.




Il colorato mondo di New Super Mario Bros. Wii sarà la svolta, l’esperimento, il banco di prova per la nuova opzione che permetterà senza il minimo sforzo di mettere in autopilota l’idraulico in salopette e la sua schiera di saltellanti amici per vederli combattere, vincere e poi scorrazzare sino alla fine del livello. Nessuna goffagine, nessun contatto depotenziante, niente fatal scivolone: a quanto pare con Demo Play si può non “morire” mai.

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Cosi la mente videoludica fa due più due, richiama a sé i cheat codes, le Vite Infinite, le Munizioni Infinite, il Tempo Infinito… qui però è diverso. Demo Play non è uno (sporco) trucco, anzi, attenzione a definirlo tale. Bisogna piuttosto considerarla come una possibilità, perfettamente legalizzata, di assistere ad un innocuo walktrough, ad un longplay artificiale, ad un pilota automatico di una IA pre-determinata a comando, la quale, tra consigli, aiuti e video esplicativi, può giungere a giocasi la sua bella partita da sola, regalando una performance buona ad ingraziarsi quei gamers refrattari all’apparente sfida impossibile.

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Dai spazientiti giocatori della domenica ai bimbi che strepitano dopo l’ennesima sconfitta per poi mollare, lacrimoni agli occhi, il wiimote in mano al papà -“Mi uccidi tu il drago?”- da quanto emerso dall’ultimo E3 sarà sufficiente attivare Demo Play per risolvere questi problemi.

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Secondo Nintendo la mediazione tra accessibilità e sfida dovrebbe in tal modo esser definitivamente risolta, poiché il bilanciamento della difficoltà in Easy Medium Hard sarà una cosa da riderci su, che è quasi come dire che i videogiochi impossibili da finire hanno i giorni contati.

Tuttavia, in qualità di videogiocatori più o meno scafati, risulta piuttosto difficile esonerarsi da alcuni interrogativi di massima.


E’ naturale ad esempio chiedersi se tutto questo cambierà l’abitudine/attitudine mentale al videogiocare, cosi come altrettanto fisiologico é domandarsi se, per il gamer, possa risultare più gratificante o dequalificante un sostegno così marcato.
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Ciò che risulta inevitabile é l’impossibilità di non pensare che una tale possibilità non vada a minacciare l’intero sistema genetico del videogioco, che fino a prova contraria è quello di immergere l’utente in una realtà altra utilizzando proprio il fattore sfida/scoperta/progressione quale incentivo fondante.

Guardare o giocare, non è forse questo il vero dilemma del gamer? Quando il videogiocatore finisce col sentirsi meno protagonista e più spettatore, quando magicamente tutto si trasforma in un rolling demo da cabinato in attesa di gettone, può e deve il videogioco continuare a chiamarsi tale? Con quale occhio bisognerebbe poi guardare ai walktrough, alle guide strategiche e alle stesse comunità d’appassionati che oggi ancora discutono di strategie di gameplay?
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E’ probabilmente questo l’interrogativo più drammatico insito nelle possibilità schiuse dal Demo Play: la ridefinizione del senso, per non dire del significato stesso del videogiocare: non muore forse l’arte del videogioco quando, volendo raggiungere i titoli di coda, ci è data la possibilità di far fuori buona parte dell’esperienza di sfida?
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A ben rifletterci con Demo Play il problema per gli sviluppatori non è tanto quello di bilanciare tale possibilità all’interno di un videogioco affinché i gamers non ne abusino, quanto la possibilità di mantenere integra l’emozione della gratificazione personale senza minare l’organicità dell’esperienza di gioco.
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Temere il peggio è però un sentimento ovvio, umano, che i videogiocatori peraltro conoscono benissimo. Nintendo ha spinto sull’acceleratore dei giochi per tutta la famiglia, entrando potentemente nelle case di tanti sacrificando qualcosa sull’altare dell’aggiornamento tecnologico.

Dopo aver bruciato col proprio causal appeal l’intera concorrenza, la stessa non è certamente rimasta a guardare, e la rincorsa alla rimediazione sensoriale è appena iniziata, sia con Project Natal che il Motion Controller di Sony (Wand), e si fa sempre più fatica a prevedere l’originalità e l’esclusività delle applicazioni motion sensitive nel prossimo futuro.

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Ma se si comincia con il Demo Play di New Super Mario Bros. Wii, per poi giungere a Pikmin, e poi Zelda, e poi Metroid, sino ad approdare ai giochi per DS magari, non è tanto assurdo pensare che una simile feature potrebbe raggiungere i lidi di Sony e Microsoft sino a diventare, come il pulsante “Pausa”, uno standard nella grammatica del videogioco. Anzi, nel momento in cui scrivo la notizia é attuale. Si tratta del prossimo Bayonetta di Sega, col suo Very Easy Automatic Play. E’ sufficiente schiacciare i pulsanti che compaiono su schermo, come un Quick Time Events, e il gioco è fatto, o meglio, si è fatto da solo.

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E' cosi che muoiono le distinzioni teorizzate dal compianto Bruno Fraschini nel suo Le Affinità Elettive – il linguaggio del cinema nei videogiochi (2004), mutuate a loro volta dalle analisi delle categorie di testo presentate da Umberto Eco. Niente più co-autorialità del testo videoludico, niente più regia e assolutamente nessun senso d’interpretazione.

Muore il creatore modello (game designer) che “chiede” ad un giocatore modello di “collaborare” affinché il testo possa esser completato/attualizzato. Con Demo Play la creatura prende vita, si muove da sola, guarda in faccia il giocatore sconfitto e s’alza in piedi con un sorriso cinico, spocchioso, forte della propria matrice di regole pre-stabilite, certa di soverchiare tutto e tutti tagliando via l’imprevedibilità di un gameplay puramente umano.

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Continua il succitato Bruno:

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Provate a fare un esperimento: registrate una partita ad uno dei titoli appena menzionati su una videocassetta e mostratela ad un amico. L’effetto che susciterete sarà minimo, se non nullo. Le stesse immagini che emozionano il giocatore annoiano lo spettatore e questo perché, quando si partecipa ad un videogame, non si sta semplicemente osservando. Anche se un’elaborata messa in discorso può sembrare l’aspetto cruciale per riuscire a suscitare specifiche emozioni nel giocatore, non è affatto così. Nel videogioco cinematografico è ancora la possibilità di interagire, la componente essenziale, come in qualsiasi videogame”.

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Come in un qualsiasi videogame, afferma Bruno.

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Metal Gear Solid, Ikaruga o Super Mario… la differenza è più sottile di quanto si possa immaginare.

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Quello che è certo è che attivando Demo Play è il protagonista a sopravvivere.

Non il videogiocatore.

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