(di Luigi Marrone)
____________________________
Al termine della lettura del libro di Dean Takahashi, Il fattore X - I piani di Microsoft per conquistare il nuovo mercato dell'intrattenimento digitale, cronistoria a tutto tondo della ideazione della Xbox 360 e delle strategie di mercato Microsoft pre e post lancio, s’avverte l’urgenza di circoscrivere alcuni particolari più che altri, per svariati motivi. Premesso che Takahashi è stato giornalista finanziario per 17 anni e che è stato anche l’autore di Opening the Xbox: Inside Microsoft’s Plan to Unleash an Entertainment Revolution, e premettendo inoltre che le 400 pagine del libro Il fattore X in edizione italiana possano scorrere via in maniera abbastanza sofferta, sento comunque di poter affermare che la lettura è risultata sufficientemene suggestiva. Il libro risulta difatti in bilico tra l'amore per le analisi di marketing e una sfida pseudo-romanzata: tra numeri esorbitanti, pianificazioni di marketing, problematiche connesse alla produzione di chip, semiconduttori e filosofie del design della console, le numerose pagine sono idealmente snellite da un cospicuo numero di capitoli per fornire ariosità ad una compulsiva lettura.
Ciò che dal testo emerge é una Microsoft entusiasta, indecisa fra il vanificare o il vantare il proprio cinismo mirato all’oliare i meccanismi finanziari per i quali il target economico legittima il sacrificio della creatività: licenziamenti di personale, incrementi di premi vendita per chi più produce, corteggiamenti per accaparrarsi publisher e software house, investimenti stratosferici per aggredire il mercato… In altri termini, lungi dal badare a spese, Microsoft è una multinazionale che nella propria ragionata ottusità nel non essere chiamata fuori dall’entertainment digitale vorrebbe mondialmente primeggiare secondo le proprie apparenti infinite possibilità finanziarie.
E’ stato così che Ed Fries ha lasciato la compagnia, dopo aver visto infranto il proprio ideale di creatività successivamente al sostegno ideologico per Halo 2. Microsoft ne reclama l’uscita anticipata, inoppugnabilmente, e Halo 2 esce fuori incompleto. Dopo anni di militanza Microsoft, anni di filosofia videoludica, di fervoroso scontro per donare una prospettiva alla compagnia tesa ad incrementare la visione qualitativa dell’Arte del videogioco, Ed abbandona.
E’ stato così che Ed Fries ha lasciato la compagnia, dopo aver visto infranto il proprio ideale di creatività successivamente al sostegno ideologico per Halo 2. Microsoft ne reclama l’uscita anticipata, inoppugnabilmente, e Halo 2 esce fuori incompleto. Dopo anni di militanza Microsoft, anni di filosofia videoludica, di fervoroso scontro per donare una prospettiva alla compagnia tesa ad incrementare la visione qualitativa dell’Arte del videogioco, Ed abbandona.
The Real-Factor
Mutando prospettiva analitica, è bello riportare parte dell’ultimo capitolo prima dell’epilogo, Il Futuro dei Giochi, nel quale Jed Lengyel, ricercatore grafico Microsoft dal 95 al 2002, ricorda una previsione di Alvin Ray Smith, co-fondatore di Pixar (cit. pag. 380-381):
“ La realtà inizia ad 80 milioni di poligoni per fotogramma (lett. Frame, ndt) “, affermando in tal modo che ci vogliono almeno 80 milioni di piccoli triangoli in un’immagine per rendere in tre dimensioni i dettagli presenti in una scena reale. Con i suoi amici di LucasFilm, Smith aveva effettuato il calcolo selezionando un punto di un’immagine, elaborando il numero di poligoni necessario a riprodurlo ed infine moltiplicandolo per il numero di punti che costituivano l’immagine. Era un calcolo accettabile per indicare la direzione verso cui si sarebbe dovuta muovere la grafica. Dal momento che un secondo di trasmissione televisiva ha circa 30 fotogrammi, il numero di poligoni che una scheda grafica dovrebbe generare per riprodurlo equivale a 2 miliardi e 400 milioni. A 60 frame al secondo, la velocità di molti giochi attuali, la cifra raddoppia.
Attualmente Xbox 360 può generare poco più di un decimo di questa cifra, circa 500 milioni di poligoni al secondo. Si potrebbe pensare che ci voglia ancora troppo tempo prima di poter apprezzare una grafica pressoché indistinguibile da quella reale; secondo Lengyel, si tratta semplicemente di aspettare la prossima generazione.
Il bello della legge di Moore, secondo cui il numero di transistor (un indicatore imperfetto, ma plausibile, per le prestazioni) di un processore raddoppia ogni 2 anni, è che non bisogna aspettare troppo a lungo per una crescita esponenziale nella tecnologia dei semiconduttori. Nel 1993, un supercomputer Sun Microsystem 3000 aveva una grafica da 3 milioni di poligoni al secondo. La grafica dei supercomputer di allora si trova oggi più che centuplicata in console che costano intorno ai 400 dollari. Quando l’Xbox 360 starà per andare in pensione, la macchina che la sostituirà potrebbe offrire qualcosa di molto vicino alle illusioni del ponte ologrammi di Star Trek.
Esistono comunque degli ostacoli: il progettista di robot giapponese Masahiro Mori aveva sollevato il problema già nel 1970, facendo notare che più vicina al reale è un’intelligenza artificiale, più dura è la reazione emotiva di chi l’osserva.(…)"
Mutando prospettiva analitica, è bello riportare parte dell’ultimo capitolo prima dell’epilogo, Il Futuro dei Giochi, nel quale Jed Lengyel, ricercatore grafico Microsoft dal 95 al 2002, ricorda una previsione di Alvin Ray Smith, co-fondatore di Pixar (cit. pag. 380-381):
“ La realtà inizia ad 80 milioni di poligoni per fotogramma (lett. Frame, ndt) “, affermando in tal modo che ci vogliono almeno 80 milioni di piccoli triangoli in un’immagine per rendere in tre dimensioni i dettagli presenti in una scena reale. Con i suoi amici di LucasFilm, Smith aveva effettuato il calcolo selezionando un punto di un’immagine, elaborando il numero di poligoni necessario a riprodurlo ed infine moltiplicandolo per il numero di punti che costituivano l’immagine. Era un calcolo accettabile per indicare la direzione verso cui si sarebbe dovuta muovere la grafica. Dal momento che un secondo di trasmissione televisiva ha circa 30 fotogrammi, il numero di poligoni che una scheda grafica dovrebbe generare per riprodurlo equivale a 2 miliardi e 400 milioni. A 60 frame al secondo, la velocità di molti giochi attuali, la cifra raddoppia.
Attualmente Xbox 360 può generare poco più di un decimo di questa cifra, circa 500 milioni di poligoni al secondo. Si potrebbe pensare che ci voglia ancora troppo tempo prima di poter apprezzare una grafica pressoché indistinguibile da quella reale; secondo Lengyel, si tratta semplicemente di aspettare la prossima generazione.
Il bello della legge di Moore, secondo cui il numero di transistor (un indicatore imperfetto, ma plausibile, per le prestazioni) di un processore raddoppia ogni 2 anni, è che non bisogna aspettare troppo a lungo per una crescita esponenziale nella tecnologia dei semiconduttori. Nel 1993, un supercomputer Sun Microsystem 3000 aveva una grafica da 3 milioni di poligoni al secondo. La grafica dei supercomputer di allora si trova oggi più che centuplicata in console che costano intorno ai 400 dollari. Quando l’Xbox 360 starà per andare in pensione, la macchina che la sostituirà potrebbe offrire qualcosa di molto vicino alle illusioni del ponte ologrammi di Star Trek.
Esistono comunque degli ostacoli: il progettista di robot giapponese Masahiro Mori aveva sollevato il problema già nel 1970, facendo notare che più vicina al reale è un’intelligenza artificiale, più dura è la reazione emotiva di chi l’osserva.(…)"
A chi può interessare, si tratta di futuro.
Nessun commento:
Posta un commento