Brainstorm. Per una mistica del Videogiocare.
(di Luigi Marrone)
Canale Cinema TechnoLudico
___________________________________
Brainstorm – Generazione Elettronica
Titolo originale : Brainstorm
Regia: Douglas Trumbull
Storia : Bruce Joel Rubin
Sceneggiatura : Philip Frank Messina, Robert Stitzel
Fotografia : Richard Yurichich
Costumi : Donfeld W.
Scenografia : John Shore
Musiche : James Horner
Montaggio : Freeman a. Davies Cox, Edward a. Warschilka Shore
Anno : 1981 (USA)
Nazione : Stati Uniti
Produzione : Joel Freedman per JF Production/MGM
Distribuzione : Metro Goldwin Mayer/UA (1984)
Durata : 106 min.
Effetti : Eric Keogh, Martin Shore, Tom Atkinson, Robert Atkinson, Don Baker, Robert Hall, Mark Shore, Alison Atkinson
Cast : Christopher Walken (Dr. Michael Brace) - Natalie Wood (Karen Brace) - Louise Fletcher (Dr. Lillian Reynolds) - Cliff Robertson (Alex Terson) - Jordan Cristopher (Gordy Forbes) - Donald Hotton (Landan Marks) - Alan Fudge (Robert Jenkins) - Joe Dorsey (Hal Abramson) - Bill Morey (James Zimbach) - Jason Lively (Chris Brace) - Darrell Larson (Tecnico Sicurezza) - Stacey Kuhne Adams (Andrea) – John Hugh (Tecnico lab. animali) Keith Colbert (Dr. Ted Harris) - Jerry Bennett (Janet Bock) - Lou Walker (Cuoco).
____________________________________
Brainstorm è un film importante.
Esteticamente e strutturalmente non un bel film forse, ma è un film importante.
Dedicato alla scomparsa dell’attrice Natalie Wood (Gioventù Bruciata – 1955, Sentieri Selvaggi 1956, West Side Story – 1961) avvenuta poco prima del termine delle riprese, Brainstorm (USA 1981 – di Douglas Trumbull) ha una portata visionaria e una particolare importanza filosofica che a tutt’oggi risultano ineguagliate.
Da un punto strettamente stilistico il film annovera diversi elementi cari all’immaginario Cyberpunk : grafica poligonale segnata da suggestioni cyberspaziali, condizionamento cerebrale, sesso virtuale, sim-stim, hacking e tanto di governo e servizi segreti ad intridersi in meccanismi sociali non del tutto pacifici, regalando in tal modo allo spettatore del 1981 suggestioni totalmente (o quasi) inedite, molto diverse da quelle descritte dalla fantascienza tradizionale.
Sarà forse che l’accostarsi e il rapportarsi a Brainstorm era alquanto difficile nel 1981 per la mancanza di categorie e strumenti cognitivi atti a penetrare il tessuto fertile del suo immaginario, eppure non stupisce affatto che la pellicola all'epoca sia stata accolta tiepidamente nonché poco compresa. (Nota 1)
Se i primi 20 minuti di film sono ricchi di personalità, di pathos e di fascino elettronico-ansiogeno, montaggio e appeal visionario perdono palesemente colpi col passare del tempo, rallentando di molto l’attenzione dello spettatore. Sul teleschermo inoltre, gli effetti speciali realizzati dal regista per una pellicola di 70 mm per il grande schermo sono in gran parte vanificati.
Da un punto di vista retrospettivo il film appare quale primo vero antesignano "consapevole" dei cyber-cinema, vero e proprio rivelatore e anticipatore di idee sulle quali si reggeranno numerose opere a seguire (Tron, Fino alla fine dei mondo, WarGames, Strange Days, Il Tagliaerbe, ecc).
Ma perché Brainstorm è così importante ?
Brainstorm – Generazione Elettronica
Titolo originale : Brainstorm
Regia: Douglas Trumbull
Storia : Bruce Joel Rubin
Sceneggiatura : Philip Frank Messina, Robert Stitzel
Fotografia : Richard Yurichich
Costumi : Donfeld W.
Scenografia : John Shore
Musiche : James Horner
Montaggio : Freeman a. Davies Cox, Edward a. Warschilka Shore
Anno : 1981 (USA)
Nazione : Stati Uniti
Produzione : Joel Freedman per JF Production/MGM
Distribuzione : Metro Goldwin Mayer/UA (1984)
Durata : 106 min.
Effetti : Eric Keogh, Martin Shore, Tom Atkinson, Robert Atkinson, Don Baker, Robert Hall, Mark Shore, Alison Atkinson
Cast : Christopher Walken (Dr. Michael Brace) - Natalie Wood (Karen Brace) - Louise Fletcher (Dr. Lillian Reynolds) - Cliff Robertson (Alex Terson) - Jordan Cristopher (Gordy Forbes) - Donald Hotton (Landan Marks) - Alan Fudge (Robert Jenkins) - Joe Dorsey (Hal Abramson) - Bill Morey (James Zimbach) - Jason Lively (Chris Brace) - Darrell Larson (Tecnico Sicurezza) - Stacey Kuhne Adams (Andrea) – John Hugh (Tecnico lab. animali) Keith Colbert (Dr. Ted Harris) - Jerry Bennett (Janet Bock) - Lou Walker (Cuoco).
____________________________________
Brainstorm è un film importante.
Esteticamente e strutturalmente non un bel film forse, ma è un film importante.
Dedicato alla scomparsa dell’attrice Natalie Wood (Gioventù Bruciata – 1955, Sentieri Selvaggi 1956, West Side Story – 1961) avvenuta poco prima del termine delle riprese, Brainstorm (USA 1981 – di Douglas Trumbull) ha una portata visionaria e una particolare importanza filosofica che a tutt’oggi risultano ineguagliate.
Da un punto strettamente stilistico il film annovera diversi elementi cari all’immaginario Cyberpunk : grafica poligonale segnata da suggestioni cyberspaziali, condizionamento cerebrale, sesso virtuale, sim-stim, hacking e tanto di governo e servizi segreti ad intridersi in meccanismi sociali non del tutto pacifici, regalando in tal modo allo spettatore del 1981 suggestioni totalmente (o quasi) inedite, molto diverse da quelle descritte dalla fantascienza tradizionale.
Sarà forse che l’accostarsi e il rapportarsi a Brainstorm era alquanto difficile nel 1981 per la mancanza di categorie e strumenti cognitivi atti a penetrare il tessuto fertile del suo immaginario, eppure non stupisce affatto che la pellicola all'epoca sia stata accolta tiepidamente nonché poco compresa. (Nota 1)
Se i primi 20 minuti di film sono ricchi di personalità, di pathos e di fascino elettronico-ansiogeno, montaggio e appeal visionario perdono palesemente colpi col passare del tempo, rallentando di molto l’attenzione dello spettatore. Sul teleschermo inoltre, gli effetti speciali realizzati dal regista per una pellicola di 70 mm per il grande schermo sono in gran parte vanificati.
Da un punto di vista retrospettivo il film appare quale primo vero antesignano "consapevole" dei cyber-cinema, vero e proprio rivelatore e anticipatore di idee sulle quali si reggeranno numerose opere a seguire (Tron, Fino alla fine dei mondo, WarGames, Strange Days, Il Tagliaerbe, ecc).
Ma perché Brainstorm è così importante ?
In Brainstorm alcuni ricercatori realizzano un casco iper-tecnologico che permette di immergere sensorialmente un individuo nei dati psico-fisici percepiti in tempo reale o registrati precedentemente da un altro soggetto (munito di casco a sua volta), uomo o animale che sia. Tatto, sapore, vista, odore, udito, impulsi nervosi, sensazioni… la mente del soggetto ricevente tramuta il playback di dati registrati in dati propri, creando un vero e proprio circuito di feedback simulativo con immersività al 100%, ben oltre qualsiasi manifestazione telepatica.
Diversamente dai videogiochi, non è possibile influire sul playback in quanto non esiste alcun tipo di interazione ma solo la possibilità di rivivere l’esperienza sensoriale pre-registrata, con aderenza totale. Brainstorm lascia intendere che una simile applicazione in ambito didattico, nonché per edificanti esperienze virtuali, potrebbe eventualmente trovare brillanti utilizzi.
Ma oltre all’interesse del governo e dei servizi segreti militari pronti a sfruttare per scopi bellici la portata del ritrovato tecnologico, prima di estromettere i ricercatori dal continuare gli studi, questi scoprono che il casco può registrare i ricordi coscienti nonché l’inconscio di chi lo indossa, contemplando persino le affezioni patologiche (come si scoprirà quando il ritrovato tecnologico cadrà in mano all’equipe di ricerca dei servizi segreti) : rimozioni, traumi, ossessioni, psicosi, schizofrenia… in altri termini, é possibile registrare cavie umane inducendo loro il manifestarsi di sintomi patologici per vivere direttamente il loro punto di vista sensoriale, visionario, emotivo e psicofisico.
Prima del consolidarsi del dispotismo governativo, Lillian Reynolds (Louise Fletcher), scienziata chiave del progetto, accanita fumatrice e donna dalla facile irascibilità, è vittima di un attacco di cuore nel suo laboratorio, mentre sta lavorando sola, di notte, all’ottimizzazione del progetto.
Prima di morire, durante una scena altamente drammatica, Lillian riesce a trascinarsi sino alla postazione di registrazione del collega Michael Brace (Cristopher Walken), indossare il casco (nel frattempo miniaturizzato sino alle dimensioni di una fascia per capelli) e registrarsi su di un nastro magnetico a lettura ottica.(Nota 2)
Il nastro registra quindi la sua agonia e la sua morte sino a “fine pellicola”.
La visione di questo nastro, vero e proprio testamento spirituale della ricercatrice, dapprima suscita nel collega Michael attimi drammatici in quanto gli ripropone psicofisicamente l’insufficienza cardiaca e l’agonia degli ultimi momenti di vita della scienziata. Successivamente, apportando dovute modifiche all’hardware del sistema e inibendo gli impulsi sensoriali deleteri lasciando solo quelli visivi e uditivi, il nastro/testamento permette al Dr.Brace di viaggiare e assistere al passato e ai ricordi della donna, sbrogliando la matassa di rapporti nodosi del film e valorizzando retrospettivamente la ricercatrice quale figura chiave dell’intera ricerca (con tutte le dovute opposizioni umane da lei incontrate per attuarla).
Ma ben più importante è il miracolo memorizzato dal progetto Brainstorm : il nastro ha difatti registrato un vero e proprio viaggio post-mortem della donna, comprensivo del distacco dello spirito dal suo corpo e trasmigrazione spirituale di presunta espiazione che dall’Inferno conduce alla visione del Paradiso.
Il Dr. Brace, interrotto bruscamente all’inizio dall’esperienza sensoriale mistica, farà di tutto per recuperare e visionare completamente il nastro, soprattutto dopo esser stato tagliato fuori dalle ricerche.
Negli ultimi minuti di film, Michael Brace vivrà questo viaggio trasmigrante dello spirito della Dr.ssa Reynolds sospeso in una estasi sensoriale psico-mistica ed uscendone infine spiritualmente e definitivamente illuminato.
Diversamente dai videogiochi, non è possibile influire sul playback in quanto non esiste alcun tipo di interazione ma solo la possibilità di rivivere l’esperienza sensoriale pre-registrata, con aderenza totale. Brainstorm lascia intendere che una simile applicazione in ambito didattico, nonché per edificanti esperienze virtuali, potrebbe eventualmente trovare brillanti utilizzi.
Ma oltre all’interesse del governo e dei servizi segreti militari pronti a sfruttare per scopi bellici la portata del ritrovato tecnologico, prima di estromettere i ricercatori dal continuare gli studi, questi scoprono che il casco può registrare i ricordi coscienti nonché l’inconscio di chi lo indossa, contemplando persino le affezioni patologiche (come si scoprirà quando il ritrovato tecnologico cadrà in mano all’equipe di ricerca dei servizi segreti) : rimozioni, traumi, ossessioni, psicosi, schizofrenia… in altri termini, é possibile registrare cavie umane inducendo loro il manifestarsi di sintomi patologici per vivere direttamente il loro punto di vista sensoriale, visionario, emotivo e psicofisico.
Prima del consolidarsi del dispotismo governativo, Lillian Reynolds (Louise Fletcher), scienziata chiave del progetto, accanita fumatrice e donna dalla facile irascibilità, è vittima di un attacco di cuore nel suo laboratorio, mentre sta lavorando sola, di notte, all’ottimizzazione del progetto.
Prima di morire, durante una scena altamente drammatica, Lillian riesce a trascinarsi sino alla postazione di registrazione del collega Michael Brace (Cristopher Walken), indossare il casco (nel frattempo miniaturizzato sino alle dimensioni di una fascia per capelli) e registrarsi su di un nastro magnetico a lettura ottica.(Nota 2)
Il nastro registra quindi la sua agonia e la sua morte sino a “fine pellicola”.
La visione di questo nastro, vero e proprio testamento spirituale della ricercatrice, dapprima suscita nel collega Michael attimi drammatici in quanto gli ripropone psicofisicamente l’insufficienza cardiaca e l’agonia degli ultimi momenti di vita della scienziata. Successivamente, apportando dovute modifiche all’hardware del sistema e inibendo gli impulsi sensoriali deleteri lasciando solo quelli visivi e uditivi, il nastro/testamento permette al Dr.Brace di viaggiare e assistere al passato e ai ricordi della donna, sbrogliando la matassa di rapporti nodosi del film e valorizzando retrospettivamente la ricercatrice quale figura chiave dell’intera ricerca (con tutte le dovute opposizioni umane da lei incontrate per attuarla).
Ma ben più importante è il miracolo memorizzato dal progetto Brainstorm : il nastro ha difatti registrato un vero e proprio viaggio post-mortem della donna, comprensivo del distacco dello spirito dal suo corpo e trasmigrazione spirituale di presunta espiazione che dall’Inferno conduce alla visione del Paradiso.
Il Dr. Brace, interrotto bruscamente all’inizio dall’esperienza sensoriale mistica, farà di tutto per recuperare e visionare completamente il nastro, soprattutto dopo esser stato tagliato fuori dalle ricerche.
Negli ultimi minuti di film, Michael Brace vivrà questo viaggio trasmigrante dello spirito della Dr.ssa Reynolds sospeso in una estasi sensoriale psico-mistica ed uscendone infine spiritualmente e definitivamente illuminato.
Brainstorm (in Italia Brainstorm – Generazione Elettronica), pur annoverando elementi cari all’universo Cyberpunk, è un film che viaggia oltre il genere, in primis perché la tecnologia diviene espediente, non l’ideologia : la funzionalità dell’helmet realizzato dai ricercatori si trasforma infine in un miracoloso supporto tecno/mistico per la Visione Ultima, ben lungi dal rappresentare un palliativo per una seducente poetica pessimista ed esistenzialista.
La tensione congenita all’universo Cyberpunk, letterario o cinematografico che sia, il quale in genere ipotizza società dove il pessimismo filosofico/esistenziale viene solitamente a specchiarsi nella convivenza con androidi i quali, similmente agli uomini, non hanno alcuna certezza delle proprie origini e del loro futuro (malgrado il loro determinismo tecnologico), in Brainstorm viene definitivamente risolta.
Dio esiste.
Dio c’é.
Lo Spirito può disincarnarsi dal corpo per trascendere la materia.
Inferno e Paradiso sono ambienti spiritualmente palpabili.
E Last but not least, Brainstorm avanza l’ipotesi che mediante scienza e ricerca tecnologica è possibile trascendere il mondo materiale sino alla visione del Divino.
Ma per altri aspetti determinanti, Brainstorm è un film filosoficamente importante da un punto di vista strettamente video-ludico.
A proposito dello stato di trance del videogiocatore immerso in una esperienza virtuale, Ivan Fulco scrive ne Lo zero ludico – Decostruzione del videogioco e fondamenti della pulsione ludica (Per una cultura dei Videogames. Teorie e prassi del videogiocare. A cura di Matteo Bittanti. Unicopli. 2002/2004) – (parentesi e corsivi miei) :
“ Quello che conta è che in quel momento, dopo la decisione di proseguire (nel videogioco), il giocatore è quasi felice. Per un breve istante può anche credere di vincere nel gioco della vita. Almeno fino a rendersi conto che non si tratta altro che di un videogame “.
Rielaborando il pensiero di Fulco in modo polisemico e speculativo, ci si chiede :
La tensione congenita all’universo Cyberpunk, letterario o cinematografico che sia, il quale in genere ipotizza società dove il pessimismo filosofico/esistenziale viene solitamente a specchiarsi nella convivenza con androidi i quali, similmente agli uomini, non hanno alcuna certezza delle proprie origini e del loro futuro (malgrado il loro determinismo tecnologico), in Brainstorm viene definitivamente risolta.
Dio esiste.
Dio c’é.
Lo Spirito può disincarnarsi dal corpo per trascendere la materia.
Inferno e Paradiso sono ambienti spiritualmente palpabili.
E Last but not least, Brainstorm avanza l’ipotesi che mediante scienza e ricerca tecnologica è possibile trascendere il mondo materiale sino alla visione del Divino.
Ma per altri aspetti determinanti, Brainstorm è un film filosoficamente importante da un punto di vista strettamente video-ludico.
A proposito dello stato di trance del videogiocatore immerso in una esperienza virtuale, Ivan Fulco scrive ne Lo zero ludico – Decostruzione del videogioco e fondamenti della pulsione ludica (Per una cultura dei Videogames. Teorie e prassi del videogiocare. A cura di Matteo Bittanti. Unicopli. 2002/2004) – (parentesi e corsivi miei) :
“ Quello che conta è che in quel momento, dopo la decisione di proseguire (nel videogioco), il giocatore è quasi felice. Per un breve istante può anche credere di vincere nel gioco della vita. Almeno fino a rendersi conto che non si tratta altro che di un videogame “.
Rielaborando il pensiero di Fulco in modo polisemico e speculativo, ci si chiede :
E se questa felicità in ultima analisi non fosse altro che il sintomatico e inconsapevole esplicitarsi di una pulsione mistica appartenente a tutti i fruitori di realtà virtuali, videogiocatori compresi, ossia quella di raggiungere una ideale la fonte di energia del Tutto ?
E ancora : E se questa complice e inconsapevole pulsione insita in ogni gamers fosse assimilabile all’esperienza panica legata alla possibilità di incontrare il Divino ?
La forma mentis del videogiocatore attento alle vibrazioni del mondo videoludico tende a sensibilizzarsi osmoticamente con l’universo d’informazioni che lo circonda. Le riviste di settore hanno la tendenza e il potere di strutturare l’apparato filosofico e per certi versi metafisico del lettore.
In Videogiochi e Cultura della Simulazione. La Nascita dell’Homo Game. (Editori La Terza Ed.2004), Gianfranco Pecchinenda, nel paragrafo 5.2 denominato Corrispondenze, scrive (testo fra parentesi mio) :
“Se però si analizza la struttura della maggior parte delle riviste (che trattano temi videoludici) è possibile notare quello che probabilmente rappresenta uno dei motivi principali che si trova alla base della crescente espansione del mercato dei videogiochi : il meccanismo della corrispondenza, basato sull’idea che il mondo in cui viviamo, e gli eventi mondani che in esso si verificano, non sarebbero altro che una manifestazione inferiore corrispondente ad un macrocosmo di ordine superiore, di carattere trascendente”.
I videogiochi e il loro universo virtuale interessano, blandiscono, ammaliano il videogiocatore, ingenerando l’idea di rimandare ad un altro mondo dal carattere trascendente.
La fascinazione di alcune produzioni rientranti nel genere survival horror (solitamente giocati in single player, muniti di cuffia audio e favore complice della notte) quali ad esempio la serie Silent Hill (Konami, 1999) e Forbidden Siren (2004, SCEI) per citarne alcune, ingenerano un interesse filosofico/speculativo per l’esistenza nonché per le tematiche orfiche dell’esistere molto più lungimirante di quanto si possa immaginare. La ricerca di simbolismi testuali e non, le analisi di carattere antropologico/teologico/culturale nonché l’interpretazione metafisica dei comparti ludonarrativi, differenti per ogni videogiocatore, sono eventi naturalmente generati dal genere di appartenenza. Forum di esegesi per tali artefatti, assieme ad altre produzioni videoludiche fortemente autoriali ma per motivi estremamente differenti, sono spesso annoverabili, in ambito videoludico, quali i più lunghi e prolifici testi speculativi on the net, nella quale le trattazioni rilasciate dagli utenti possono assumere una tale forza autoriale autonoma da annoverarsi quale vera e propria trattazione culturale di interesse generale per tematiche vertenti su Aldilà, Religione e Divinità.
I videogiocatori affrontano tali esperienze con una predisposizione mistica o pseudo-mistica, secondo la quale viene incosciamente postulata la realtà del divino e per la quale lo spirito del gamer sente di conquistare una possibile risoluzione del sé o dell’esistere in generale.
Tale tensione verso il trascendente è un fattore di primo piano per l’acquisto di un prodotto di tale genere, di concerto con la possibilità di trattarne e discuterne poi le suggestoni in una comunity con i medesimi interessi e le stesse pulsioni : quelle di affrontare viaggi nei quali esiste la possibilità videoludica di dare un senso all’esistere, di tentare una spiegazione alla cosmo-genesi o di interpretare i rapporti fra Uomo e Divinità.
E’ lecito quindi supporre che tale fascinazione genera un alto coinvolgimento e senso di partecipazione al gioco in quanto inconsciamente frammista al timore panico, esasperato dallo schianto emotivo con il deforme e l’aberrazione presenti nei survival horror, di imbattersi nel Divino.
E ancora : E se questa complice e inconsapevole pulsione insita in ogni gamers fosse assimilabile all’esperienza panica legata alla possibilità di incontrare il Divino ?
La forma mentis del videogiocatore attento alle vibrazioni del mondo videoludico tende a sensibilizzarsi osmoticamente con l’universo d’informazioni che lo circonda. Le riviste di settore hanno la tendenza e il potere di strutturare l’apparato filosofico e per certi versi metafisico del lettore.
In Videogiochi e Cultura della Simulazione. La Nascita dell’Homo Game. (Editori La Terza Ed.2004), Gianfranco Pecchinenda, nel paragrafo 5.2 denominato Corrispondenze, scrive (testo fra parentesi mio) :
“Se però si analizza la struttura della maggior parte delle riviste (che trattano temi videoludici) è possibile notare quello che probabilmente rappresenta uno dei motivi principali che si trova alla base della crescente espansione del mercato dei videogiochi : il meccanismo della corrispondenza, basato sull’idea che il mondo in cui viviamo, e gli eventi mondani che in esso si verificano, non sarebbero altro che una manifestazione inferiore corrispondente ad un macrocosmo di ordine superiore, di carattere trascendente”.
I videogiochi e il loro universo virtuale interessano, blandiscono, ammaliano il videogiocatore, ingenerando l’idea di rimandare ad un altro mondo dal carattere trascendente.
La fascinazione di alcune produzioni rientranti nel genere survival horror (solitamente giocati in single player, muniti di cuffia audio e favore complice della notte) quali ad esempio la serie Silent Hill (Konami, 1999) e Forbidden Siren (2004, SCEI) per citarne alcune, ingenerano un interesse filosofico/speculativo per l’esistenza nonché per le tematiche orfiche dell’esistere molto più lungimirante di quanto si possa immaginare. La ricerca di simbolismi testuali e non, le analisi di carattere antropologico/teologico/culturale nonché l’interpretazione metafisica dei comparti ludonarrativi, differenti per ogni videogiocatore, sono eventi naturalmente generati dal genere di appartenenza. Forum di esegesi per tali artefatti, assieme ad altre produzioni videoludiche fortemente autoriali ma per motivi estremamente differenti, sono spesso annoverabili, in ambito videoludico, quali i più lunghi e prolifici testi speculativi on the net, nella quale le trattazioni rilasciate dagli utenti possono assumere una tale forza autoriale autonoma da annoverarsi quale vera e propria trattazione culturale di interesse generale per tematiche vertenti su Aldilà, Religione e Divinità.
I videogiocatori affrontano tali esperienze con una predisposizione mistica o pseudo-mistica, secondo la quale viene incosciamente postulata la realtà del divino e per la quale lo spirito del gamer sente di conquistare una possibile risoluzione del sé o dell’esistere in generale.
Tale tensione verso il trascendente è un fattore di primo piano per l’acquisto di un prodotto di tale genere, di concerto con la possibilità di trattarne e discuterne poi le suggestoni in una comunity con i medesimi interessi e le stesse pulsioni : quelle di affrontare viaggi nei quali esiste la possibilità videoludica di dare un senso all’esistere, di tentare una spiegazione alla cosmo-genesi o di interpretare i rapporti fra Uomo e Divinità.
E’ lecito quindi supporre che tale fascinazione genera un alto coinvolgimento e senso di partecipazione al gioco in quanto inconsciamente frammista al timore panico, esasperato dallo schianto emotivo con il deforme e l’aberrazione presenti nei survival horror, di imbattersi nel Divino.
Tornando a trattare del film di Trumbull, se la tecnologia rende possibili spazi di visione corpo-trascese chiamate Realtà Virtuali/Matrice/CyberSpazio/VideoGames, in Brainstorm la tecnologia permette all’uomo la Visione Ultima, probabilmente la più fondante e importante : la visione del divino.
Nel seminale romanzo cyberpunk Neuromancer (in Italia Neuromante. W. Gibson, 1984) Case, un hacker mercenario, viene privato della possibilità di connettersi al cyberspazio e condannato alla prigione materiale del suo corpo di carne. Egli soffre per il fatto di essere abilitato a percepire solo la realtà materiale, ad essere semplicemente un uomo non-connesso con lo spazio trascendente chiamato Cyberspazio. L’eccitazione tutta hacker insita nell’immaginario decadente Cyberpunk, ovvero quella di disincarnarsi e smarrirsi nell’Ignoto del Cyberspazio in luogo dei dati della realtà materiale, in Brainstorm viene definitivamente risolta.
Non è mistero infatti che ogni realtà virtuale é rappresentazione elettronica di un ambiente fisio-trasceso, ma ben più filosoficamente stimolante è ammettere che l’attrazione, l’eccitazione, la curiosità per l’Altrove permesso dagli spazi videoludici nasconde la fascinazione per la possibilità di incontrare e di restare illuminati da qualcosa che sia lo scopo ultimo dell’esistenza.
Immergersi in videogames vuol dire sempre immergersi in realtà fisio-trascese, universi elettronici di carne-assenti. L’eccitazione e la voglia di videogiocare trasformano la prima partita ad un nuovo Videogame in un viaggio inizialmente carico di mistica tensione verso l’Ignoto (VideoLudico).
L’accanimento del Dr. Brace in Brainstorm, il suo spasmodico bisogno di terminare la visione del nastro trascendente che lo condurrà all’illuminazione, esplicita la pulsione inconscia di un qualsiasi uomo-videogiocatore appassionato di tecnologie atte ad esperienze di realtà virtuali : viaggiare per giungere alla scaturigine dell’Ignoto dello spazio virtuale, al fine di giungere alla visione della Verità Ultima, del significato probabile e assoluto della propria esistenza.
In Michael Brace, l’eccitazione di esperire la realtà (virtuale) dentro un nuovo software, tipica del videogiocatore, si tramuta in eccitazione di esperire la realtà (spirituale) dentro una mente umana.
Scrivendo viceversa, vuol dire che il processo è il medesimo. Lo spasmo del videogiocatore che acquista un nuovo software e non vede l’ora di smarrirvisi dentro al più presto, la trance videoludica o l’annullamento della realtà ordinaria durante il finale di un buon videogame, sono stati assimilabili allo giungere della verità di quel particolare universo videoludico.
L’eccitazione mistica del Dr.Brace é generata dalla medesima cosa : giungere alla fine di un viaggio all’interno di un universo trascendente, lo spirito della Dr.ssa Reynolds, con una portata filosofica innegabilmente più fondante e spaventosa, quindi. In entrambi i casi, l’eccitazione voyeristica e la tensione scopica remano a favore di un viaggio illuminante. La smania di (video)vedere di Michael Brace non è altro che eccitazione per un viaggio nella mente e nello spirito umano, in luogo di uno spazio creato da un software videoludico, smania per la quale Scienza e Tecnologia si fanno medium per la risoluzione del significato ultimo dell’esistenza, punto nodale dei problemi filosofici.
Nel seminale romanzo cyberpunk Neuromancer (in Italia Neuromante. W. Gibson, 1984) Case, un hacker mercenario, viene privato della possibilità di connettersi al cyberspazio e condannato alla prigione materiale del suo corpo di carne. Egli soffre per il fatto di essere abilitato a percepire solo la realtà materiale, ad essere semplicemente un uomo non-connesso con lo spazio trascendente chiamato Cyberspazio. L’eccitazione tutta hacker insita nell’immaginario decadente Cyberpunk, ovvero quella di disincarnarsi e smarrirsi nell’Ignoto del Cyberspazio in luogo dei dati della realtà materiale, in Brainstorm viene definitivamente risolta.
Non è mistero infatti che ogni realtà virtuale é rappresentazione elettronica di un ambiente fisio-trasceso, ma ben più filosoficamente stimolante è ammettere che l’attrazione, l’eccitazione, la curiosità per l’Altrove permesso dagli spazi videoludici nasconde la fascinazione per la possibilità di incontrare e di restare illuminati da qualcosa che sia lo scopo ultimo dell’esistenza.
Immergersi in videogames vuol dire sempre immergersi in realtà fisio-trascese, universi elettronici di carne-assenti. L’eccitazione e la voglia di videogiocare trasformano la prima partita ad un nuovo Videogame in un viaggio inizialmente carico di mistica tensione verso l’Ignoto (VideoLudico).
L’accanimento del Dr. Brace in Brainstorm, il suo spasmodico bisogno di terminare la visione del nastro trascendente che lo condurrà all’illuminazione, esplicita la pulsione inconscia di un qualsiasi uomo-videogiocatore appassionato di tecnologie atte ad esperienze di realtà virtuali : viaggiare per giungere alla scaturigine dell’Ignoto dello spazio virtuale, al fine di giungere alla visione della Verità Ultima, del significato probabile e assoluto della propria esistenza.
In Michael Brace, l’eccitazione di esperire la realtà (virtuale) dentro un nuovo software, tipica del videogiocatore, si tramuta in eccitazione di esperire la realtà (spirituale) dentro una mente umana.
Scrivendo viceversa, vuol dire che il processo è il medesimo. Lo spasmo del videogiocatore che acquista un nuovo software e non vede l’ora di smarrirvisi dentro al più presto, la trance videoludica o l’annullamento della realtà ordinaria durante il finale di un buon videogame, sono stati assimilabili allo giungere della verità di quel particolare universo videoludico.
L’eccitazione mistica del Dr.Brace é generata dalla medesima cosa : giungere alla fine di un viaggio all’interno di un universo trascendente, lo spirito della Dr.ssa Reynolds, con una portata filosofica innegabilmente più fondante e spaventosa, quindi. In entrambi i casi, l’eccitazione voyeristica e la tensione scopica remano a favore di un viaggio illuminante. La smania di (video)vedere di Michael Brace non è altro che eccitazione per un viaggio nella mente e nello spirito umano, in luogo di uno spazio creato da un software videoludico, smania per la quale Scienza e Tecnologia si fanno medium per la risoluzione del significato ultimo dell’esistenza, punto nodale dei problemi filosofici.
Per una Filosofia del Videogiocare, infine.
L’attrazione, l’entusiasmo, l’aspettativa per l’Altrove permesso degli spazi Videoludici è con tutta probabilità specchio dell’inconscia tensione verso un possibile, latente Aldilà. Il videogiocatore si immerge in cyberspazi per sostanziare altre vite, altre possibilità fantastiche : egli tenta il disincarnarsi dal proprio corpo per immergersi in altri schemi sensoriali, altri punti prospettici, percezioni e facoltà virtuali di altre entità digitali.
L’attrazione, l’entusiasmo, l’aspettativa per l’Altrove permesso degli spazi Videoludici è con tutta probabilità specchio dell’inconscia tensione verso un possibile, latente Aldilà. Il videogiocatore si immerge in cyberspazi per sostanziare altre vite, altre possibilità fantastiche : egli tenta il disincarnarsi dal proprio corpo per immergersi in altri schemi sensoriali, altri punti prospettici, percezioni e facoltà virtuali di altre entità digitali.
In altri termini, il videogiocatore si immerge in cyberspazi videoludici per trasmigrare la propria anima in ambienti che fisio-trascendono i dati della realtà sensoriale non “in- game”.
Ogni volta quindi, l’eccitazione dei videogiocatori per nuove esperienze immersive in cyberspazi videoludici potrebbe essere paragonabile ad una occulta tensione mistica, in quanto comportante l’abbandono del proprio corpo e la tendenza all’oblio del dato materico della realtà ordinaria a favore di una con-fusione spirituale con l’ambiente virtuale da vivere/esperire/rendere complice col proprio sé.
La pulsione al videogiocare esplicita quindi la tensione all’abbandono del proprio corpo per immergersi in un contesto disincarnato rispetto alla propria realtà materiale.
A questo punto è doveroso interrogarsi su tale quesito : L’eccitazione, la felicità donata dal disincarnarsi che spesso si prova immersi in un ambiente virtuale ludo-interattivo, tratta forse del preannuncio dell’ineluttabile abbandono del proprio corpo, un giorno, per una nuova sensorialità orientata alla visione di una Divinità ?
Il videogiocare felice, ricco di pathos, emotivo e pieno di sensazioni, comportando il potenziale dislocamento dal proprio essere verso un Altrove (VideoLudico), é assimilabile quindi ad una tensione mistica, trasmigrante verso l’Infinito, per la quale la Felicità è sinonimo di compenetrazione e confusione con Esso.
In altre parole, Avatar e Divinità che diventano davvero un’unica cosa.
Consapevolmente o meno, Brainstorm può informare di tutto questo, nel suo finale.
Per una mistica del videogiocare, Brainstorm andrebbe visionato.
Ogni volta quindi, l’eccitazione dei videogiocatori per nuove esperienze immersive in cyberspazi videoludici potrebbe essere paragonabile ad una occulta tensione mistica, in quanto comportante l’abbandono del proprio corpo e la tendenza all’oblio del dato materico della realtà ordinaria a favore di una con-fusione spirituale con l’ambiente virtuale da vivere/esperire/rendere complice col proprio sé.
La pulsione al videogiocare esplicita quindi la tensione all’abbandono del proprio corpo per immergersi in un contesto disincarnato rispetto alla propria realtà materiale.
A questo punto è doveroso interrogarsi su tale quesito : L’eccitazione, la felicità donata dal disincarnarsi che spesso si prova immersi in un ambiente virtuale ludo-interattivo, tratta forse del preannuncio dell’ineluttabile abbandono del proprio corpo, un giorno, per una nuova sensorialità orientata alla visione di una Divinità ?
Il videogiocare felice, ricco di pathos, emotivo e pieno di sensazioni, comportando il potenziale dislocamento dal proprio essere verso un Altrove (VideoLudico), é assimilabile quindi ad una tensione mistica, trasmigrante verso l’Infinito, per la quale la Felicità è sinonimo di compenetrazione e confusione con Esso.
In altre parole, Avatar e Divinità che diventano davvero un’unica cosa.
Consapevolmente o meno, Brainstorm può informare di tutto questo, nel suo finale.
Per una mistica del videogiocare, Brainstorm andrebbe visionato.
Note
*Data la massiccia line-up di tecnologie e pseudo-tecnologie in mostra, Douglas Trumbull, esperto in effetti speciali, per rendere più immersivo il film avrebbe desiderato filmare parti di Brainstorm in Showscan, ossia Widescreen 60 frame-per-second, ma i costi di retrofitting dei teatri dove il film sarebbe stato proiettato sarebbero risultati proibitivi.
Se la versione Showscan fosse stata realizzata, ciascun frame non “Brainstorm” sarebbe quindi stato stampato due volte per generare un normale rate di film a 30 fps, adatto a supplire alla riprese non-widescreen. L'intenzione era di generare un punto di vista, presumibilmente soggettivo, che potesse avvicinarsi a quello che i personaggi sullo schermo stavano osservando.
** In realtà il nastro magnetico utilizzato in Brainstorm é tutt’altro che un particolare formato in commercio nel 1981. Si tratta di una varietà di nastro decorativo argentato/dorato fatta da 3M, venduto soltanto nelle larghezze di 4 pollici, costringendo gli addetti a sfilarlo manualmente sino ad adattarlo nelle macchine da nastro da 2 pollici. Per aumentare i riflessi luminosi, i nastri venivano trattati più volte con una sabbiatrice, avanti e indietro, risultato che sbalordì per i vividi riflessi luminosi che il al nastro proiettava. “Una di quelle cose che sono apparse meglio in pellicola quando abbiamo finito di girare” ha commentato Douglas Trumbull.
Se la versione Showscan fosse stata realizzata, ciascun frame non “Brainstorm” sarebbe quindi stato stampato due volte per generare un normale rate di film a 30 fps, adatto a supplire alla riprese non-widescreen. L'intenzione era di generare un punto di vista, presumibilmente soggettivo, che potesse avvicinarsi a quello che i personaggi sullo schermo stavano osservando.
** In realtà il nastro magnetico utilizzato in Brainstorm é tutt’altro che un particolare formato in commercio nel 1981. Si tratta di una varietà di nastro decorativo argentato/dorato fatta da 3M, venduto soltanto nelle larghezze di 4 pollici, costringendo gli addetti a sfilarlo manualmente sino ad adattarlo nelle macchine da nastro da 2 pollici. Per aumentare i riflessi luminosi, i nastri venivano trattati più volte con una sabbiatrice, avanti e indietro, risultato che sbalordì per i vividi riflessi luminosi che il al nastro proiettava. “Una di quelle cose che sono apparse meglio in pellicola quando abbiamo finito di girare” ha commentato Douglas Trumbull.
___________________________________________
Nessun commento:
Posta un commento