17 novembre 2006

Private I/O: l'educazione di ieri. Violenza HD del domani.

L'educazione e la cultura, prima della violenza.
(di Luigi Marrone)
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INPUT.

E’ il 16 Novembre 2006, ore 3.39 am.
Sono reduce dal mio primo personale incontro con il videogioco in alta definizione e devo scriverne, devo confessare.
Un pannello LCD da 32 pollici giace da 3 mesi su di un mobile nella mia stanza, inviolato. Febbre d’offerta e febbre da gioco, il Samsung é entrato in casa mia in sordina, senza mai sfoggiarmi nulla di speciale: pochi DVD, qualche sporadico e curioso collegamento con le mie console X-Box, PS2 e GameCube, ma per il resto avrebbe continuato a restare inviolato, questa è la verità.
Il primo sforzo della nuova generazione qui nella Europa pre-Playstation3 si chiama XBOX 360, e alle 4 del mattino nel buio della mia Room sto richiamando alla mente il suono di ventole dal suo chassis latteo, il calore emanato dal retro della console, l'anello di luce rotante X-box che si stampa fluorescente su schermo all’avvio di sistema, i caratteri alfabetici di una Dashboard ultradefinita, fra le vivide immagini pubblicitarie del servizio Live.
Ma soprattutto é esploso come uno schianto silenzioso lo schiumare nitido e perfetto di colori in alta definizione, senza sbavature, aloni o immagini persistenti… una veemenza stordente, una rivoluzione dell'immagine ad evolvere la percezione videoludica umana.
Non me l'aspettavo davvero.
Impatto totalmente diverso dall’avvento del colore dopo anni di b/n, poiché di gran lunga una botta più stordente. L’alta definizione svela impudentemente quanto limitata fosse la possibilità d’immagine del vecchio TV Cathodic Ray Tube, quasi ad un certo punto si possa temere l'implosione dei bulbi oculari dopo l'ubriacatura di colori. XBOX360 continua a ronzare ad aria calda, pompa elettroavida di 250 watt dalla multipresa, si ritorna agli alimentatori old school, ai miei cari Commodore 64/Amiga, alla persistenza esterna dell'alimentazione come fa Nintendo… ma i cavi americani sono polposi e di calibro non indifferente, adatti a mani americane polpose da hot dog e hamburger, di calibro non indifferente.
Eppure X-360, mero tower case PC fatto console reclama sinuosità e slancio attraverso le morbide concavità fronte/retro: un vezzo alla sorella X-Box n°1.
Da malato di George Romero, per quanto il regista ci tenga a prenderne le distanze dal proprio Dawn of the Dead, giocare Dead Rising in HD mi ha lasciato intuire come potrebbe visualmente presentarsi il futuro dell’intrattenimento elettronico: Video-interagire con controparti digitali foto-reali, ambienti digitali con mimesi totale, avvolgenza di suoni ambientali per suggestive immersioni acustiche in cyberspazi videoludici.
In altri termini, in assenza di Hub, icone, punti o altro, l’evoluzione sarà l’approssimarsi sempre più al reale sino al completo inganno mimetico dell’artefatto videoludico. 100% Camouflage.
Giocare in HD mi ha permesso di formulare il seguente pensiero: se i detrattori e i veri demonizzatori dell’arte videoludica, ossia i generazionali ignoranti, temono in primis le conseguenze del VideogiocoChePareVero, il realismo visivo, il confondersi del piano reale con il virtuale et viceversa, c’è da rendersi conto che dopo il seme dell’Alta Definizione non si tornerà più indietro. Così come da Resident Evil4 non si torna più dietro. No way out da Silent Hill. No backtracking in Gran Theft Auto.
Ipse dixit, giocheremo con controparti digitali foto-reali, ambienti digitali con mimesi totale, avvolgenza di suoni ambientali per coinvolgenti immersioni acustiche nel cyberspazio videoludico.
E’ questa la voglia di futuro, da sempre.
La lesiva simulazione infantile o tardo-adolescenziale di atteggiamenti videoludo-derivati, se fosse anche minimamente vera, dovrebbe bandire Nintendo Wii dal mondo immantinente. La demo di Red Steel lascia intendere che Nunchaku e Wii-remote vanno utilizzati, all'occorrenza, stilizzando i movimenti di una spada per ledere, non per carezzare.
E’ addestramento virtuale per futuri baby-samurai?
Qualcuno farà a fette qualcuno a causa di Red Steel?
Stop.
Ora si profila una nuova minaccia all’orizzonte chiamata violenza psicologica adolescenziale, ossia gratuita ed ingiustificata introduzione della violenza psichica dentro la serenità a-drammatica della vita adolescenziale. Il videogioco può sconvolgere gli equilibri omeostatici nella normale educazione ricevuta da un tardo infante sino a soggiogarlo alla diseducazione morale: alcuni videogiochi rappresentano la volontà degli adulti di contaminare l'innocenza, la genuinità e l'ingenuità dei bambini, per cui zero tolleranza, inizia l'inquisizione, ci si sveglia e si denuncia.
Nel momento in cui scrivo esiste la demonizzazione di un game chiamato Rule of Rose, game ormai da mesi attestato dalle comunità critiche quale prodotto dal profondo insapore videoludico ma che in questi giorni, grazie all’ottuso giornalismo di una ottusa analisi qualunquista di Panorama sta mobilitando anche il Senato italiano in piena crisi ideologica di fronte alla violenza criminale dopo i numeri di Napoli.
La verità é che la questione Rule of Rose rischia di snervare la mia più bella nonché privata passione: quella dell’integrità per l'intimità videoludica, in qualsiasi luogo essa si possa e voglia manifestare.
Private BackTracking.
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Da bimbo, a dieci anni di distanza dell’esplosione del mass-marketing videoludico, i miei genitori, senza invadente invadenza, sapevano come essere presenti in tutti i miei acquisti ludici. E’ stato mio padre a riportare a casa una vecchia imitazione dell'Atari, comprensiva di Pong, senza ch'io avessi chiesto nulla.
Era il 1983 se ben ricordo.
Ma ciò che più fortemente ricordo è che sino a 13 anni sono andato a letto ogni sera alle 22.15, limite orario incontestabile. Ero costretto a video-registrare tutto ciò che ritenevo interessante in TV in quanto i film iniziavano tutti alle 20.30 e terminavano alle 22.30, e salvo alcune rare eccezioni quali Terminator e Robocop, proiettati rispettivamente nel 1987 e nel 1990 e per i quali io e mio fratello dovemmo letteralmente supplicare nostro padre con una settimana di anticipo, in realtà ricordo una folta sequela di film troncati senza mezzi termini a poco meno di 15 minuti dalla fine: The Untouchables, Mad Max, Platoon, Chi è Remo Williams, Ritorno al Futuro, Rambo II, The Running Man…
Ad aumentare il supplizio era che il giorno successivo, durante scuola (elementare soprattutto), i miei compagni di classe, maschi e femmine indistintamente, parlavano del film visto la sera prima, mentre io dovevo tapparmi le orecchie per non ascoltare ciò che nel pomeriggio avrei visionato in videocassetta.
Quei quindici minuti di film ancora da vedere erano preziosi e assolutamente non negoziabili.
Sono trascorsi 20 anni e adesso mi ritrovo alle 4 del mattino, libero di riflettere sul problema, ad utilizzare il blog in modo non proprio impersonale, e ciò che davvero penso è che se davvero oggi manca di peso questa cultura del controllo, con tutta probabilità le motivazioni sarebbero da rintracciarsi nella mancanza di super-visione parentale dei genitori sull’orientamento ludico dei propri figli in adolescenza, nonché nella mancanza dell’informazione trasversale che ad esempio lo strumento internet offre in alternativa alla informazione televisiva.
Le censure videoludiche, l’abolizione della distribuzione, il ritiro dal mercato di prodotti meritori di essere considerati oltraggiosi possono annichilire l’Arte Videoludica a scapito di chi ne sa fruire con competenza. E' questo che va contrastato. Perché sinceramente il mondo non virtuale non subisce alcuna evoluzione spirituale con Grand theft Auto o con Bully, ma nessuno ha mai messo al bando i film di Tinto Brass o quelli di Tarantino che potrebbero incidersi in modo psichicamente violento, compromettendo la sanità di un adolescente.
Il mio parere è che l’educazione vada avanzata in primis dalla famiglia e dalle strutture didattiche, senza che il timore del videogioco corrisponda in ultima analisi alla sentita inadeguatezza nel non saper educare in modo intelligente i propri figli. Non esiste infatti cosa più facile che demonizzare il mondo cercandone il marcio per non puntare l’attenzione sulla propria inadeguatezza a scalfirlo, fosse anche attraverso il proprio figlio, generazione e appendice del proprio sé.
Il videogioco non può e non ha il potere di contaminare a tal punto la psiche, così come non lo ha un film o una rivista pornografica quando vi sono authority del controllo che ne limitano la distribuzione per fasce d’età.
Il videogioco non è condizionamento o controllo del pensiero. Ma la velocità e la mole di informazioni mediatiche dei nostri giorni pretendono una assimilazione cognitiva che viaggi di pari passo con la capacità di assorbirne le tecnologie, ma che non risulti aliena o intellettualmente refrattaria per gli adolescenti, tutt’altro.
A 8 anni passavo ore a programmare il mio Commodore Vic 20. Sapevo generare programmi musicali, piccoli database comprensivi di schede con i dati della mia famiglia, cose di questo genere. Ricordo che volevo creare una azienda software chiamata CompuData, International Computers. Io e mio padre, un giorno assieme in casa, entrambi storditi dal morbillo, ce la ridevamo mentre lui dettava e io digitavo le linee di Zombie sul mio Commodore Vic20, un videogioco pubblicato su di un manuale zeppo di programmi amatoriali, tutti da digitare per l'appunto.
Il Videogioco non era un granché, ma il Private creatosi in soggiorno con mio padre, io 9 e lui 36 lo ricordo ancora oggi come qualcosa di grandioso. Perché il computer era la mia passione, e dalla dimensione intima in quel momento si trasformava in un momento educativo, di scambio tra padre a figlio, momento di appassionata, affettiva condivisione.
Non ero solo con la mia passione.
Il momento di passione ludica condivisa potrebbe risentire di plurime divergenze oggi. La mancanza di competenza e cultura tecnologica/videoludica, che potrebbe tornare utile ad un educatore come lo può essere per un genitore, è scarsa in ambito familiare, in ambito collettivo e addirittura politico. Si demonizza Bully o Grand Theft Auto che invero gira per mesi su tutte le Playstation2 in prova in un Auchan, ma si soprassiede ridendo se personalmente non si é in grado di inviare una mail On the Net.
I bambini sanno che il Videogioco tratta di finzione, ed è per questo che il videogioco diverte. I miei giocattoli preferiti erano i Lego in quanto mi permettevano di simulare il reale con mio fratello, rappresentavano una forma ridotta di Sims reale, in Multiplayer, e possiedo ancora, impolverata su di un armadio, una busta con tutti i manuali e i mattoncini che formano La stazione ferroviaria, l’Ospedale, la Polizia, i Pompieri, il Maneggio, la Stazione di Servizio, il Cottage privato… ma soprattutto possiedo il ricordo di Nonna Margherita che ci allunga i soldi fuori dal negozio per il nostro regalo di Natale, permettendoci in tal modo di annoverare l’Aeroporto in città, vera e propria meta irragiungibile per noi.
Non c’era nulla di male nelle ore che avremmo dedicato a giocare.
Ma Nonna non mi avrebbe dato nulla per acquistare un film di Tinto Brass: la diseducazione era esplicita, chiunque osservando la copertina avrebbe intuito di cosa trattasse.
Oggi invece soldi si allungano per i videogiochi perché é questo che i bimbi riconoscono come divertimento. Ma quanti genitori non strettamente interessati all’ambito videoludico fanno i più elementari sforzi per reperire una gratuita recensione on-line e leggere quale immonda schifezza sia Rule of Rose, comunicando poi con il proprio figlio, ipoteticamente interessato al prodotto, per motivargli il non acquisto con un minimo di senso?
Quanti politici lo fanno con i propri figli?
Quanti educatori?
Crediamo forse che i bambini o gli adolescenti siano degli idioti? Che il videogioco sia un mostro che magicamente possa far crollare anni di rapporto educativo con i propri figli?
E' semplicemente pretestuoso.
La maggior parte del mondo non avrebbe acquistato Rule of Rose comunque.
Ma eventuali restrizioni applicate in ambito di distribuzione videoludica in Italia, di censura o di qualsivoglia menomazione dell’integrità artistica di un prodotto a causa di Rule of Rose, sarebbero inaccettabili.
Per quanto riguarda me e per chi crede all'esistenza di una cultura del videogioco, tutto questo é inaccettabile.
L’integrità della propria passione videoludica, essendo espressione di cultura, va preservata globalmente.
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OUTPUT

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