5 marzo 2009

Business e Gaming. Gioco e social network nella rete d’impresa.

Cronaca saliente di un incontro.
(di Luigi Marrone)


Commissionata da Sony Computer Entertaiment Italia (SCEI) e affidata alla Facoltà di Scienze della Comunicazione della Sapienza Università di Roma, Business e gaming. Gioco e social network nella rete d’impresa è la prima ricerca che si pone come obiettivo l’indagine delle dinamiche relative alle relazioni sociali mediate dagli ambienti di rete, legate ai siti di social network e alla partecipazione interattiva legata alle simulazioni videoludiche.
La ricerca, legata soprattutto ai fini del mondo dell’impresa, ha fatto chiarezza sui propri punti metodologici mediante la presentazione avvenuta Mercoledi 4 Marzo presso il centro Congressi d’Ateneo della università La Sapienza di Roma, alla quale erano presenti come spettatori il sottoscritto e il giornalista Lorenzo Antonelli (collaboratore di AIOMI, Associazione Italiana Opere Multimediali Interattive).
Fra gli invitati in conferenza stampa nella prima fase della giornata figuravano Mario Morcellini (preside della Facoltà di Scienze della Comunicazione), Gaetano Ruvolo (General Manager SCEI), Gianfranco Pecchinenda (preside della Facoltà di Sociologia dell’Università di Napoli Federico II) e Marco Mele (giornalista de Il Sole 24 Ore).
Il motivo principale dell’indagine della Facoltà è stato quello di comprendere come sia possibile incrementare il marketing attraverso le modalità di raccolta fondi in rete (fundraising online) e la ricerca di lavoro (recruiting aziendale).
Ma cosa c’entra infine il videogioco con questa ricerca?
Tutto, a detta di Sony e dei ricercatori coinvolti.
L’attività ludica viene difatti confermata come “porta di ingresso” per le analisi del rapporto tra il mondo di impresa e le nuove modalità di interazione in rete, e i censimenti svolti sui siti di social networking nazionali e internazionali, con risultati ancora da pervenire, sottolineano tale centralità.
Il videogioco, incensando immedesimazione e coinvolgimento, favorisce l’interiorizzazione di contenuti aumentando l’efficacia della sensibilizzazione. E’ inoltre strumento di e-recruiting, valutazione del personale attraverso l’analisi di capacità cognitive, strategiche ed esperenziali (business game aziendali) e di recruitement tool per il reclutamento e l’addestramento virtuale (America’s Army).
Viste le personalità presenti alla conferenza, in qualità di "protagonisti" del discorso culturale sul videogioco, è interessante effettuare una breve cronaca circostanziata dei singoli interventi individuali. E’ da premettere che la conferenza stampa ha avuto esiti abbastanza contraddittori in merito agli interventi sollevati, non tanto per ciò che concerne l’argomento principale quanto piuttosto per la mancanza di coerenza tra i vari ruoli professionali ricoperti dai presenti

Essendo stato il tema della Comunicazione e dell’identità sociale a catalizzare l’interesse principale, l’apprezzatissimo Gianfranco Pecchinenda, autore dello splendido Videogiochi e Cultura della Simulazione. La nascita dell’”homo game” ha rimarcato la difficoltà da parte del videogioco di emergere come oggetto culturale. Lo stesso professore, esperto nell’indagine dell’identità culturale del gamer a contatto con l’oggetto videoludico, ha puntato l’attenzione su come sia oggi diffusa l’insistenza di analizzare il fenomeno sociale del videogioco in modo troppo deterministico e drammatico (cause sociali di violenza, tempo di fruizione rubato alla vita reale, ecc) senza riflettere a dovere sulla trasformazione dell’identità sociale e culturale del soggetto dopo il passaggio all’interno dell’avatar (e di se stesso) permesso dalla vita-altra del videogioco. Puntando l’attenzione sul concetto di “Responsabilità sociale” e sul conflitto generazionale fra gli attori di un tempo e quelli di oggi, l’intervento del professore è stato tra i più lungimiranti dell’intera giornata.
Memorabile la sua chiusura con la consapevole affermazione “Il videogioco è qualcosa di serio”.

Gaetano Ruvolo, General Manager SCEI, è stato invece direttamente interpellato da un ragazzo presente in sala il quale, presentandosi quale videogiocatore/utente di PS3 ha gentilmente evitato, quasi fosse tabù, di nominare Microsoft quale diretto concorrente di live social networking.
Il ragazzo ha chiesto come mai Sony, visto il tanto parlare durante la presentazione della centralità della Sony stessa sul ruolo del social networking in Italia (Home) e della comunicazione fra gli utenti iscritti su PSN, non snellisca i protocolli di comunicazione sullo stesso PlayStation Network. L’intervento, del tutto comprensibile e dovuto, era mirato a notificare quanto sia ridicolo oggi non poter comunicare tra videogiocatori che giocano su piattaforme differenti e, implicitamente, a non poter comunicare agevolmente mediante chat private con altri utenti/amici su PSN (PS3 difatti non permette la chat vocale se non si sta giocando in co-op nello stesso gioco e senza dover necessariamente uscire dal gioco per entrare in una chat room privata, come avviene fluidamente invece grazie al Live di Xbox360, ad esempio).
Messo di fronte ai limiti di Playstation3 su questo versante, Gaetano Ruvolo da principio non ha aperto alcun spiraglio di mediazione sulla questione, bensì ha perentoriamente trattato della “Diffusione a lungo raggio del sistema PS3 rispetto agli investimenti” adducendo che le Imprese sono fondate sulla legge del profitto per il quale Sony ha da sempre posto la tecnologia (DVD, Blu Ray, multimedialità, ecc) a proprio favore quale distinguo rispetto al mercato.
Si è trattata di una risposta completamente fuori misura rispetto alla circostanziata domanda su limiti congeniti della comunicazione on line su Playstation3.

Per il giornalista de Il Sole 24 Ore Marco Mele invece, “Il videogioco non è un medium”, bensì un dispositivo per l’intrattenimento al quale viene riconosciuta una piena identità in seno al discorso delle modalità di trasmissione di informazioni, in grado di emozionare e stimolare l’utente. Oltre alla discutibile interpretazione del giornalista, peraltro non chiaramente argomentata a dovere, per lo stesso Mele oggi si sta vivendo una crisi di sistemi di rappresentazioni del reale, per il quale l’incapacità di rinnovo culturale dei media generalisti si ripercuote sulla difficoltà del videogioco di emergere quale oggetto culturale. Lo stesso Mele ha poi ripreso il discorso evitato dal General Manager SCEI Ruvolo, affermando ironicamente, rivolgendosi al ragazzo che aveva posto in precedenza la questione, di poter ora tranquillamente nominare anche Microsoft visto che lo stesso Ruvolo aveva lasciato la sala.
A detta del giornalista, Sony “ha paura” di aprire le frontiere della libera comunicazione su PSN la quale potrebbe risultare controproducente per l’azienda stessa in quanto gli utenti Playstation potrebbero consigliarsi più facilmente su come “copiarsi giochini” e fomentare in tal modo il fenomeno della pirateria come accaduto in passato.
Ogni contrarietà in merito a tale intervento è del tutto legittima.

Nel pomeriggio l’incontro si è spostato nell’Aula Wolf della stessa Università, orfana di Gianfranco Pecchinenda, ancora in lista di partecipazione ma purtroppo in ripartenza.

Il primo ad intervenire durante il seminario di approfondimento è stato Luca Giuliano, professore di Strategie di narrazione ipertestuale presso la stessa Università, il quale ha enucleato, a partire dai primordi sino al presente, le varie tappe di sviluppo delle forme di narrazione ipertestuale presente nelle realtà virtuali e non, con ovvi riferimenti al videogioco. Il percorso, che ha interessato anche la nascita del concetto di cyberspazio, ha lasciato fuori ben poche cose, chiamando in causa libri (William Gibson su tutti), film (ad es. Brainstorm di Douglas Trumbull) e naturalmente videogiochi (da Colossal Cave Adventure a World of Warcraft). L’intervento del professore è risultato fresco e piacevole, l’unico supportato iconograficamente da una presentazione proiettata su schermo ricca di riferimenti iconografici e testuali che ha agevolato di non poco gli argomenti esposti. L’unico momento discutibile da parte del professore Giuliano, probabilmente influenzato dalla presenza in aula del direttore di Marketing di SCEI Andrea Cuneo, è stato quello di insistere sulla centralità di Playstation 3 quale unica piattaforma che faccia convergere l’idea di social network, l’idea di “Facebook” e l’idea di condivisione di contenuti personali al servizio di utenti limitati in passato dalla propria incapacità congenita di comunicare interpersonalmente.
E' ovvio che si tratta di una posizione ampiamente puntualizzabile.

E' interessante infine riportare l'intervento di Alberto Mattiacci, professore di Marketing presso la stessa Sapienza. Interpellato sulla questione dello sviluppo dei videogiochi in Italia, il professore ha rimarcato quale causa principale l’assenza di managerialità nel gestire l’impresa da parte dei "creativi" eventuali sviluppatori, lamentando una vera e propria “paura” da parte di chi potrebbe lavorare allo sviluppo dei videogiochi in Italia di pianificare un'impresa, generare profitti e strategie di marketing temendo di restare incastrati nelle maglie della fiscalità eccessiva e delle relative conseguenze finanziarie. Invitando a pensare più ottimisticamente rispetto alla attuale crisi, secondo il professore Mattiacci in Italia si tiene più all’integrità della propria figura creativa che al compromesso di una attività imprenditoriale che tenga di conto le finalità economiche di un dato progetto.
Andrea Cuneo, direttore di Marketing di Sony Computer Entertainment Italia summenzionato, è intervenuto su tale argomento affermando per esperienza quanto gli sviluppatori italiani, o gli aspiranti tali, non sappiano adattarsi nello sviluppare piccoli progetti su commissione per poi dedicarsi a latere a progetti personali più creativamente stimolanti.
Viene cosi sollevata una domanda diretta, ovvero come poter cercare fondi di finanziamento in Italia e mettere su ad esempio una società a responsabilità limitata che si occupi della questione imprenditoriale di un prodotto videoludico, senza restare strozzati dalle relative maglie fiscali.
E’ stato a quel punto che, in aperta contraddizione con quanto in precedenza affermato, il professore Mattiacci, più seriamente che ironicamente non si é fatto scrupoli ad incoraggiare l'interlocutore rispondendo che, se ben gestito, l’Italia è un paese che offre il miglior strumento nelle mani dell’imprenditore:
l’evasione fiscale.
Un piccolo esempio volto a rimarcare l'endogena difficoltà del nostro Paese quando si tratta di concepire una chiara posizione di discussione sullo sviluppo e sulla distribuzione di un oggetto culturale “serio” come lo sono oggi i videogiochi.

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4 commenti:

Fotone ha detto...

Ineccepibilmente preciso ed esauriente.

Ti ho rubato la mezza-foto della locandina dell'evento. Se mi denunci, testimonio a tuo favore.
:D

Anonimo ha detto...

http://www.aiomi.it/forum/viewtopic.php?f=27&t=36

Ci siamo permessi di riportare il bel pezzo! :)

Ciao,
Metalmark

Luigi Marrone ha detto...

Ipse dixit, é un piacere contribuire al dibattito culturale sulla piattaforma di AIOMI!
Ci si vede lì!
;-)

filippo ha detto...

i videogiochi ormai sono nel sangue di tutti..ehehehe