15 febbraio 2010

Mass Effect 2. Viaggio Esistenziale.

Nel silenzio. Con riverenza.
(di Luigi Marrone)





Tutto il resto è videogioco.
In fondo è come per l’amore: una obiettività troppo critica è un rischio controproducente quando si vuol penetrare ad ogni costo i segreti del cuore.

Meglio non indugiare quindi su 3 legittimi appunti di game design: totale assenza di Mako e relativa esplorazione planetaria, lenta e tediosa scansione dei pianeti alla ricerca di minerali per i dovuti upgrade e fasi di "parlato" che talvolta e inspiegabilmente s’interrompono, come se il timing dell’enunciato fosse troppo lungo rispetto al cambio di scena la quale, de facto, tronca la frase di netto.
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L’amore perdona tutto, dicevo.
Amore per la fantascienza, fervido motore che muove suggestioni e speculazioni tecno-intellettuali, tecno-esistenziali direi.

L'universo. Il cosmo. Bioware.
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Mass Effect.
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Quando l’avvolgimento estetico solleva lo spirito nel cosmo più assoluto, entro cui miliardi di contatti sinaptici emettono serotonina di gioia e impazziscono come miriadi di barbagli di stelle supernova, sostenute da centinaia di visioni di Battlestar Galactica, dall’universo di Guerre Stellari, dalla distopia dei vari 2001, Avatar, Alien…

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Come si inscrive Mass Effect in questa epica.

Come, ci si chiede.

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Si potrebbe parlare del rapporto fisico con una Quarian, o delle problematiche sessuali inter-aliene in assenza della nostra concezione di libido. O magari delle Intelligenze Virtuali operanti in remoto nella Galassia, che fanno dell’Uno il Tutto, o del Tutto la prerogativa dell’Individuo.

E ancora la relatività del tempo per una Matrona Asari, che vivendo oltre 1000 anni basiscono per l’esistenziale lungimiranza prospettica, dispensando un’aria talmente mistica per la quale soppesare ogni gesto.

Ideando un possibile universo extra-Mondo, Mass Effect compie ciò che a molti “videogiochi” dalla forte componente narrativa è precluso: costringere l’utente a trascendere i confini umani per pensare in modo trascendentale rispetto all'uomo.

Oltre alla fascinazione estetica, Mass Effect si trasforma in un possibile motivo videoludico esistenziale. Interrogativi, possibilità laterali, economie alternative.

Pura fantascienza, in altri termini.

Fra tutte le milioni di possibili immagini depositate alla fine di questo viaggio, ecco quindi che ne resta una, immobile, fissa, che ritorna a galla per stordire in tutto il suo placido fulgore.

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Io, in piedi nell’Osservatorio della Normandy.

Seduta a terra, una Asari Justicar, Samara, che mi volge le spalle nella posizione del loto, chiusa in una meditazione totale. Tra le mani tiene sospesa una piccola sfera d’energia biotica, un grumo di Elemento Zero che spande un livido azzurro sul suo corpo.

Samara non si è accorta di me. Non mi ha sentito entrare.

Ed io, soffocando la sacrosanta curiosità videoludica che intima qualsiasi gamer sano di mente ad interagire con tutto l’interagibile, decido quindi di non interompere la sua meditazione.


Non è tanto il silenzio a stordirmi, quanto ciò che mi investe l’anima ad un livello puramente estetico. Nella totale assenza di parole, in quel placido vuoto dato dall'intima e perfetta non-comunicazione, io ruoto la telecamera alle mie spalle e assisto incantato al fluorescente schiumare delle miriadi di stelle fuori nel cosmo, che trafiggono l’ampia paratia di vetro della Normandy.


Miriadi di stelle che rifrante dalla mediazione ottica data dalla velocità dei motori iperluce disegnano uno spettacolo fatto di code, di scie di spilli luminosi, un lento sfavillìo luminescente esploso in miliardi di piccolissime nova.

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E’ lì, qualcosa.

Qualcosa che non so dire.

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Nell’epica di Mass Effect, in quelle miliardi di luci che rifulgono e punteggiano il cosmo, tra gli dei, i miti orfici, le divinazioni e i timori panici...

Lì dove senti palpitare un terribile e meraviglioso eterno divino.

O la sua sempiterna negazione.

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Mass Effect 2.

Tutto il resto è videogioco.

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2 commenti:

iltuoamicobuontigre ha detto...

caro, hai colto in pieno l'essenza del gioco.
sei fantastico tu.
ed è fanatstico il gioco.

ti abbraccio.

Marpo ha detto...

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