12 gennaio 2008

La sensualità spaziale di Silent Hill: un risultato esemplare.

Anche lo spazio "gioca" la sua parte.
(di Luigi Marrone)

La Silente Collina opera un rapimento avvolgente su molti gamers, un risultato quasi decennale ormai.
Da dove prende forma tale fascinazione?
In realtà Silent Hill possiede qualità tentacolari: blandisce David Lynch e la rarefazione atmosferica dell’Angelo Badalamenti di Twin Peaks, si tende verso la visionarietà dell’Adrian Lyne di Allucinazione perversa e infine abbraccia la demiurgica malvagità presente nel Session9 di Brad Anderson.
Classiche cittadine americane di periferia macchiate da follie private dietro facciate ordinarie, con la story-line arricchita dal plot dell'ultimo "Origins" che come da titolo rimane ancorato alle ideologiche incarnazioni della serie.
Non è fuori luogo parlare di “incarnazioni” (tutt’altro che fantomatiche) in Silent Hill, dato il background di "città di nativi americani con poteri mistico-spirituali" (sciamani): l’inflazione di proiezioni astrali in grado di creare realtà parallele/alternative (Otherworld) nelle quali ci si imbatte in deformità partorite da visionari animi rancorosi - uomini dal passato torbido e traumatizzato, spesso omicida - in Silent Hill é semplicemente la norma.
Il brodo eterico/
noosferico - che rende possibili tali emanazioni in Origins è ancora una volta la mente provata della povera Alessa Gillespie del primo Silent Hill: lei, l’innocenza fatta diavolo che conosce l’odio e che attira a sé personalità dalle potenti energie psichiche, il kit-development per i traumi dei protagonisti che fanno a loro volta da monster-designer.
Avvicinarsi a Silent Hill è sinonimo di invischiamento in un tessuto simbolico/metaforico nel quale l’immagine/filmato interroga intimamente (e contestualmente) l’osservatore attraverso uno scambio tutt'altro che accessorio e superficiale. Ignorare tale elemento comporta inevitabilmente la mistificazione dell’approccio (Silent Hill? Un semplice survival horror in cui si ammazzano mostri) con relativa noia data dall'inevitabile mancanza di ludo-appeal.
In realtà l’opera Konami, in misura similare alle opere cinematografiche summenzionate, interroga il gamer/fruitore la cui fascinazione è garantita da un’intrigante sfida giocata sulla polisemia interpretativa, per la quale partecipazione critica attiva e speculazione teorica risultano fattori fondanti.
Un viaggio dentro un viaggio, ogni volta, dai recessi della psiche umana all’esperienza virtuale offerta nella fattispecie dall'ultimo incarnato su PSP: 6 ore e 38 minuti il tempo totale della mia traversata di Origins, una breve avventura caratterizzata da un’appagante sintesi dei punti di forza della serie, splendidamente ottimizzati per il formato hend-held.
Ciò che più sorprende del portatile Sony è la preservazione della sensazione spaziale relegata agli ambienti esterni della Silent Hill. E' ancora una dilatata sensazione d’apertura e respiro, aerea e lenitiva quella che avvince quando, attraverso il segno inconfondibile di un’estetica mai abbandonata, si prova l’emotivo sollievo di tornare al salvifico biancore di strade nebbiose dopo la stridente cacofonia degli stage dell’Otherworld.
La diversa natura degli ambienti presenti in Silent Hill crea de facto i presupposti per un entropico dialogo che ha suggestioni, implicazioni e che al contempo crea distanze molto evidenti fra le esperienze video ludiche di oggi.
Silent Hill resta ancòra oggi l’unica esperienza video-interattiva nella quale location interne e spazialità esterne assumono un’insuperata preponderanza narrativa grazie ad un rapporto dialogico brillantemente inscenato mediante una ri-conformazione ambientale contestuale alla agenza del gamer/turista (game-designer preventivata).
Gli ambienti di Silent Hill equivalgono a entità vive, pulsanti, dotate di una personalità psicosomatica (dovuta a traumi umani) cariche quindi di paradossi visivi, dettagli liminali e simboliche idiosincrasie: ogni luogo, ogni spazio, ogni cartello pubblicitario, topografia e onomastica stradale si trasforma in fertili tessuti metaforico-simbolici dal monitum sinistro, la cui interpretazione diviene parte integrante dell’esperienza di gioco.
Seppur le sue strade siano limitate da baratri aperti sul vuoto, impalcature e vicoli morti, nello spazio esterno della Silent Hill le traiettorie paiono moltiplicarsi, le possibilità di fuga aumentare e l’ansia dietro il raggiungimento di una meta rosso-cerchiata sulla mappa accresce il senso d’un funzionante, salvifico scopo: quello di regalare, come nessun'altra esperienza videoludica ha mai fatto, il senso di una cosi fluida transizione/passaggio fra spazi ambientali dalle nature cosi diverse.
Ed é per tale motivo che scindere Silent Hill dal concetto di spazio inteso come area esplorabile equivale a considerarlo ciò che non è mai stato: un semplice survival horror il cui fulcro é il combattimento e la fuga.
Silent Hill è un medium video-interattivo congeniale per le gamer-sensibilità alla ricerca di vive suggestioni d’ambiente visivo-sonore, dinamiche introspettive umane e ruolo attivo nella speculazione interpretativa del testo ludico.
Poiché dato un determinato ambiente virtuale, fosse anche una città chiusa e altamente pianificata come la Collina Silente, dove c’è movimento c’è pensiero, in quanto le traiettorie generano spazi.
E le possibilità degli spazi non sono altro che le possibilità della mente.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

beh quello che più mi affascina di silent hill è la sua criptica e folle trama "aperta" che non da mai la sicurezza di aver capito tutto fino in fondo, lasciando al giocatore tanti lati "oscuri" da interpretare...un gioco con trama a puzzle oserei dire:)

Luigi Marrone ha detto...

Gioco con trama a puzzle? Però, davvero una simpatica definizione ;) Si, il valore aggiunto dell'opera sta proprio nell'interpretazione del testo che ti rende "attivo" e non semplice giocatore/spettatore. Diciamo che Silent Hill, per quanto "guidato" dagli sviluppatori che ne hanno previsto la sceneggiatura a monte, lancia una sfida nel generare più sensi di significato, che per coloro che amano il coinvolgimento narrativo si tratta, ogni volta, di una soddisfacente esperienza. (Sempre che ti piacciano le tematiche occulte dai risvolti raccapriccianti...)
;)