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Dramma estetico e ironia stilistico-visionaria rendono Fallout3 un “must have” per chiunque voglia perdersi in una esperienza matura, di genere. Il marketing perfetto, la promozione televisiva senza censure e la localizzazione integrale dei dialoghi rendono merito alla scuola dei doppiatori nostrani: un buon segno per il consolidarsi di una Industry italiana che sposi il videogioco con l'impegno già profuso nella riconosciuta arte del doppiaggio.
La Washington DC sventrata dall’Atomica scava nell’anima quel particolare abbandono post nucleare che va a sciogliersi nell’indigenza e nella corruzione nucleare del corpo.
Non è Mad Max e neanche la sordida rarefazione ambientale di Chernobyl, bensì una commistione di ciò che può accadere alla carne e allo spirito umani quando le cellule impazziscono: si tratta della desolazione del cuore e della speranza, un altro modo di intendere l'Inferno sulla terra.
L’art design schiaccia qualsiasi obiezione precedentemente giustificata ai tempi di Oblivion: dalla corsa legnosetta del protagonista all’immancabile draw in all’orizzonte, la coerenza e l’organicità dell’universo di Fallout 3 sbattono via le magagne tecniche grazie ad una direzione artistica ineccepibile.

Infine é nel senso di conflitto e di urgenza che si muove il vero universo distopico di Fallout 3, quando per ogni munizione trovata, per ogni arma, per ogni sostanza lenitiva o pallottola andata a segno si finisce con l’avvertire ogni volta quel brivido viscerale dell’accattonaggio e della depredazione in cui si manifesta l’intero messaggio principale del gioco: la bestia nera del sopravvivere in un mondo il cui spirito ha avuto oblio della vita stessa.

Alla fin fine il pluri-premiato Bioshock è il racconto di una storia immersa in fondo al mare, fra ricchi matti.
Fallout 3 invece è l’apocalisse del mondo intero.
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2 commenti:
Grazie per il bel post.
Titolo magnifico. Una bellissima ossessione per me.
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