30 novembre 2008

Sopravvivenza é il suo unico messaggio. FALLOUT 3.

(di Luigi Marrone)
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Il lavoro svolto da Bethesda nella caratterizzazione post-apocalittica di Fallout 3 è semplicemente splendido. L'esatto mix di tendenza stilistica e l’appeal suscitato dalla riflessione e dal divertimento di gioco risultano magnificamente bilanciati.
Dramma estetico e ironia stilistico-visionaria rendono Fallout3 un “must have” per chiunque voglia perdersi in una esperienza matura, di genere. Il marketing perfetto, la promozione televisiva senza censure e la localizzazione integrale dei dialoghi rendono merito alla scuola dei doppiatori nostrani: un buon segno per il consolidarsi di una Industry italiana che sposi il videogioco con l'impegno già profuso nella riconosciuta arte del doppiaggio.
La Washington DC sventrata dall’Atomica scava nell’anima quel particolare abbandono post nucleare che va a sciogliersi nell’indigenza e nella corruzione nucleare del corpo.
Non è Mad Max e neanche la sordida rarefazione ambientale di Chernobyl, bensì una commistione di ciò che può accadere alla carne e allo spirito umani quando le cellule impazziscono: si tratta della desolazione del cuore e della speranza, un altro modo di intendere l'Inferno sulla terra.
L’art design schiaccia qualsiasi obiezione precedentemente giustificata ai tempi di Oblivion: dalla corsa legnosetta del protagonista all’immancabile draw in all’orizzonte, la coerenza e l’organicità dell’universo di Fallout 3 sbattono via le magagne tecniche grazie ad una direzione artistica ineccepibile.
Le abilità attraverso l’intuitiva crescita del personaggio, nonché l’ìnterfaccia utente snellita ulteriormente rispetto ad Oblivion rendono la consultazione di qualsiasi elemento/statistica di gioco semplicemente perfetta. Sorvolando sulla stessa concezione di RPG Fallout 3 diviene quindi il prodotto da portare alle masse, affinché la comunità venga educata al videogioco quale possibile (ed unico) medium fautore d’esperienze sensoriali esistenzialmente caratterizzanti.
Infine é nel senso di conflitto e di urgenza che si muove il vero universo distopico di Fallout 3, quando per ogni munizione trovata, per ogni arma, per ogni sostanza lenitiva o pallottola andata a segno si finisce con l’avvertire ogni volta quel brivido viscerale dell’accattonaggio e della depredazione in cui si manifesta l’intero messaggio principale del gioco: la bestia nera del sopravvivere in un mondo il cui spirito ha avuto oblio della vita stessa.
Aberrazioni organiche, cancerose radiazioni, polvere infetta di una terra arida delle stesse lacrime umane, tra guance ed occhi solcati dal buio, dalla febbre e dall’indigenza in un mondo che ha violentato la sua stessa aria nel fuoco dell’atomica… tutto ciò dentro un vestito retro-futuristico dalle abbottonature a vapore steampunk, con la pretesa di sciogliere e separare con un ironico sorriso ciò che sarebbe potuto essere dall’idea del futuro che sarà.

Alla fin fine il pluri-premiato Bioshock è il racconto di una storia immersa in fondo al mare, fra ricchi matti.
Fallout 3 invece è l’apocalisse del mondo intero.
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2 commenti:

Marpo ha detto...

Grazie per il bel post.

Luigi Marrone ha detto...

Titolo magnifico. Una bellissima ossessione per me.